Da Il Manifesto del 17 Maggio, a proposito di "Calciopoli":
"Ma Capobianco non si è occupato solo di Moggi e i suoi eredi: ha parlato anche di soldi, di auto, di orologi, elementi che nel gergo penale si chiamano «prove».
Forse non sarà considerato«il pentito» auspicato giorni fa da Zeman, ma l'ex addetto all'ufficioacquisti della Juventus, ha aperto più di uno squarcio sull'indagine di Calciopoli. Le sue parole aprono nuovi dubbi e forse finiranno per fornire anche qualche prova tangibile. Il tutto nel silenzio più generale dei media sportivi, che corrono dietro ai fantasmi, per concentrare l'attenzione su un campionato ormai finito, su una finale di Coppa Italia mai così tanto considerata, sulla cavalcata in Champions del Milan, dimenticando il colpo di spugna che gli ha permesso di prenderne parte e sulle consuete boutade di maggio sul calciomercato. C'è da assicurarsi che si possa vendere anche d'estate, a bocce ferme.
Sembra ci sia voglia di oscurare tutto ciò che potrebbe sconvolgere ancora una volta il mondo del calcio e non per meriti o demeriti sportivi, ma per storiacce di soldi, pagamenti, silenzi, omissioni e campionati clamorosamente taroccati. Può essere che in sede sportiva tutto venga coperto dal più classico «lasciamo perdere, la Juventus è già stata punita», anche perché Borrelli sembra muoversi in un ambiente che se non si può definire ostile, sicuramente non gli è d'aiuto.
A nessuno, giornalisti inclusi, conviene che il calcio ritorni a essere oggetto di discussioni su interrogatori, corruzione e compagnia cantante. Già quando arrivarono le conclusioni delle indagini dai pm napoletani, in molti addetti ai lavori e dirigenti sbuffarono, come a dire: «Ancora? Non era finito tutto? Lasciateci lavorare, basta con le illazioni».
Invece per quanto riguarda la sede penale le dichiarazioni rilasciate a Repubblica dall'ex addetto al back-office juventino potrebbero consentire una svolta alle indagini. Sull'ambiente messo in piedi da Moggi e soci, con la complicità di arbitri e perfino di giornalisti, dubbi per fortuna non ce ne sono. Mancava però un elemento determinante, come lo fu la famosa valigetta nel caso Genoa-Venezia: la prova. Il quid, il tornaconto, per il quale arbitri, designatori, dirigenti, giornalisti scelsero di affidarsi a Lucianone e ai suoi maneggi.
Capobianco ha fornito la sua piena collaborazione anche agli uomini di Borrelli incontrati martedì in gran segreto e pure, ieri, alla Procura di Torino che da tempo indaga sui bilanci sospetti del club bianconero. Serviranno riscontri precisi, ma Capobianco sembra alludere di avere in mano le prove, quelle che da molti venivano invocate o l'assenza delle quali aveva consentito il levarsi di scudi tardivi a difesa della cupola. I designatori ad esempio. Pairetto pare fosse di casa alla Juventus: «nel 2000 proprio Pairetto tirò fuori la storia dei Rolex della Roma. Bè: pochi mesi prima, nell'ottobre del 1999, ricevette dalla Juve una moto che, in seguito, non mi pare si sia premurato di restituire». Anche per arbitri e dirigenti Capobianco ha parole chiare e - forse - documentazione: «solo agli inizi del 2005 sono venuto a conoscenza di almeno quattro casi in cui la Juve ha fatto arrivare beni di ingente valore a due arbitri italiani, a un esponente della Figc, e a uno della Covisoc».
Ma più che le eventuali prove che potrebbero gettare ombre anche sul penultimo campionato, la stampa sportiva preferisce già muoversi sulle nuove bolle di sapone del calciomercato. E chissà che Moggi non sia ancora lì a rimestare nel torbido. Gli agganci di certo non gli mancano."
Forse non sarà considerato«il pentito» auspicato giorni fa da Zeman, ma l'ex addetto all'ufficioacquisti della Juventus, ha aperto più di uno squarcio sull'indagine di Calciopoli. Le sue parole aprono nuovi dubbi e forse finiranno per fornire anche qualche prova tangibile. Il tutto nel silenzio più generale dei media sportivi, che corrono dietro ai fantasmi, per concentrare l'attenzione su un campionato ormai finito, su una finale di Coppa Italia mai così tanto considerata, sulla cavalcata in Champions del Milan, dimenticando il colpo di spugna che gli ha permesso di prenderne parte e sulle consuete boutade di maggio sul calciomercato. C'è da assicurarsi che si possa vendere anche d'estate, a bocce ferme.
Sembra ci sia voglia di oscurare tutto ciò che potrebbe sconvolgere ancora una volta il mondo del calcio e non per meriti o demeriti sportivi, ma per storiacce di soldi, pagamenti, silenzi, omissioni e campionati clamorosamente taroccati. Può essere che in sede sportiva tutto venga coperto dal più classico «lasciamo perdere, la Juventus è già stata punita», anche perché Borrelli sembra muoversi in un ambiente che se non si può definire ostile, sicuramente non gli è d'aiuto.
A nessuno, giornalisti inclusi, conviene che il calcio ritorni a essere oggetto di discussioni su interrogatori, corruzione e compagnia cantante. Già quando arrivarono le conclusioni delle indagini dai pm napoletani, in molti addetti ai lavori e dirigenti sbuffarono, come a dire: «Ancora? Non era finito tutto? Lasciateci lavorare, basta con le illazioni».
Invece per quanto riguarda la sede penale le dichiarazioni rilasciate a Repubblica dall'ex addetto al back-office juventino potrebbero consentire una svolta alle indagini. Sull'ambiente messo in piedi da Moggi e soci, con la complicità di arbitri e perfino di giornalisti, dubbi per fortuna non ce ne sono. Mancava però un elemento determinante, come lo fu la famosa valigetta nel caso Genoa-Venezia: la prova. Il quid, il tornaconto, per il quale arbitri, designatori, dirigenti, giornalisti scelsero di affidarsi a Lucianone e ai suoi maneggi.
Capobianco ha fornito la sua piena collaborazione anche agli uomini di Borrelli incontrati martedì in gran segreto e pure, ieri, alla Procura di Torino che da tempo indaga sui bilanci sospetti del club bianconero. Serviranno riscontri precisi, ma Capobianco sembra alludere di avere in mano le prove, quelle che da molti venivano invocate o l'assenza delle quali aveva consentito il levarsi di scudi tardivi a difesa della cupola. I designatori ad esempio. Pairetto pare fosse di casa alla Juventus: «nel 2000 proprio Pairetto tirò fuori la storia dei Rolex della Roma. Bè: pochi mesi prima, nell'ottobre del 1999, ricevette dalla Juve una moto che, in seguito, non mi pare si sia premurato di restituire». Anche per arbitri e dirigenti Capobianco ha parole chiare e - forse - documentazione: «solo agli inizi del 2005 sono venuto a conoscenza di almeno quattro casi in cui la Juve ha fatto arrivare beni di ingente valore a due arbitri italiani, a un esponente della Figc, e a uno della Covisoc».
Ma più che le eventuali prove che potrebbero gettare ombre anche sul penultimo campionato, la stampa sportiva preferisce già muoversi sulle nuove bolle di sapone del calciomercato. E chissà che Moggi non sia ancora lì a rimestare nel torbido. Gli agganci di certo non gli mancano."
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