"Schiavi"

Mi capita a volte di trovare sui giornali quelle che io considero delle assolute banalita' come quelle che Leo Hickman ha scritto nel suo inconcludente articolo intitolato "Gli schiavi di Dubai" pubblicato dal Guardian e in italiano da Internazionale. Hickman racconta di alcuni giorni trascorsi a Dubai e degli apparentemente sorprendenti contrasti di questa citta' del lusso e delle migliaia di maestranze pachistane che costruiscono i suoi grattacieli. Hickman arriva a questa conclusione: "Ci si dimentica anche che Dubai oggi non esisterebbe senza questi lavoratori. [...] L'industria delle vacanze continua ad aggrapparsi, per convenienza, al comodo mito secondo cui la nave del turismo porta ricchezza e benessere a tutti quelli che ci navigano sopra. Ma le cose, a quanto pare, non stanno proprio cosi': i turisti e i loro inservienti non si dividono la torta in modo equo, alle stesse condizioni, con equilibrio e armonia. I guadagni, in realta', se li spartiscono pochi eletti, mentre i lavoratori del settore sono poco piu' che schiavi con salari da fame, costretti a vivere in condizioni pietose."
E questo sarebbe lo scoop?

Hickman scopre nel 2007 che c'e'
differenza tra il turista e chi gli pulisce la camera. Complimenti, meglio tardi che mai.
Hickman si compiace di parlare di "schiavi" e "salari da fame", incappando nella snobberia "eco-chic" di quello che denuncia queste intollerabili ingiustizie sociali ma non fa un solo passo in avanti nel ragionamento su cosa sarebbe necessario per eliminarle. Pensa che dopo aver letto i suoi articoli i proprietari degli alberghi saranno folgorati e convertiti e immediatamente raddoppieranno lo stipendio a tutti i dipendenti?
Se non si ha il coraggio di portare a termine questo ragionamento ("gli operai che costruiscono i grattacieli prendono un salario da fame, mentre i padroni dei grattacieli faranno profitti miliardari e i clienti degli alberghi faranno la vita del pascia': e' giusto? e se non e' giusto, che fare?"), un po' piu' di pragmatismo non guasterebbe.

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