L'altroieri sono state rese disponibili online sul sito dell'Agenzia delle Entrate le dichiarazioni dei redditi 2005 di tutti i contribuenti italiani.
Il sito e' diventato quasi immediatamente irraggiungibile a causa dei troppi tentativi di connessione. Si e' levato un coro di proteste da parte di questo o quel difensore della privacy. I dati sono stati rimossi il giorno successivo dietro richiesta del Garante della Privacy, ma nel frattempo erano stati opportunamente copiati e ora sono disponibili su eMule. E' notizia di oggi che una delle ineffabili associazioni sedicenti a difesa del consumatore, il Codacons, ha denunciato il ministro -uscente- Visco per violazione della legge sulla privacy, a quanto riporta l'ANSA. Visco risponde che lui ha semplicemente agito secondo la legge, che prevedeva appunto la pubblicazione di tali dati.
Gia' a questo punto, la situazione si fa ingarbugliata: perche', o Visco mente, o il Codacons sbaglia, o ci sono due leggi dello Stato in conflitto tra loro. Naturalmente i mass media non fanno nulla per chiarire la questione e il cittadino, come al solito, per farsi un'opinione non ha altro a disposizione che un atto di fede in questa o quella campana.
La questione e' delicata. Io ritengo che lo stipendio o le entrate di una persona siano una questione privata, sulla quale uno deve essere libero di poter mantenere la riservatezza. Idem dicasi per indirizzi e dati anagrafici. D'altro canto, sappiamo tutti che l'evasione fiscale e' la norma per gran parte dei commercianti e dei professionisti, e certe proteste suonano un po' ipocrite, soprattutto da chi e' pronto a usare l'argomento del "se non hai niente da nascondere, non hai niente da temere" su altri temi come ad esempio quando si tratta di definire i confini delle attivita' di polizia.
A chiarire la questione, a mio parere, ci pensa, senza volerlo, proprio il Codacons. Citando l'ANSA: "Il presidente del Codacons sottolinea che un articolo della legge del 2005 'vieta espressamente la diffusione delle denunce dei redditi dei contribuenti', ma 'nel caso dei redditi on line e' stata confusa la pubblicita' delle denunce, che nessuno mette in dubbio, con la loro accessibilita', cosa ben diversa'". Questo approccio, secondo me, esemplifica bene lo stato di confusione che regna in Italia. Il presidente del Codacons sostiene che "nessuno mette in dubbio la pubblicita' delle denunce dei redditi", ma che questa viene confusa con la loro "accessibilita'". Questi salti mortali semantici a volte mi fanno venire dei dubbi, specialmente quando non so se sono rincoglionito io o quello che ho letto e' frutto di ignoranza e malafede, e allora sono andato a controllare sul demauro online il significato di "pubblicita'": basso uso: "l’essere pubblico, l’essere accessibile al pubblico"; alto uso: "divulgazione, diffusione tra il pubblico di dati, informazioni, fatti o sim.". A questo punto, mi sembra che pubblicita', accessibilita' e diffusione siano sinonimi, come il buon senso e la mia seppur rudimentale conoscenza dell'italiano mi suggerivano fin dall'inizio. Provo un senso di vertigine al solo cercare di immaginare come, nella mente del presidente del Codacons, possa esistere un concetto per cui qualcosa puo' essere pubblico e contemporaneamente non deve essere diffuso e nemmeno reso accessibile.
Avendo quindi appurato che il baccano sollevato dal Codacons e' dettato da ignoranza o malafede (o entrambe), ne deriva che Visco ha ragione (il Codacons non mette in dubbio la "pubblicita'" delle denunce!), e cioe' che ha agito a norma di legge. Ora, il principio per cui le denunce dei redditi sono pubbliche non e' certo stato inventato ieri, e ne conviene persino il Codacons. Perche' non hanno protestato prima? in quali fondamentali campagne per la difesa dei consumatori erano impegnati? e i giornali, perche' non hanno mai pensato all'eventualita' (evidentemente strampalatissima, ai loro occhi) che dei dati pubblici venissero diffusi? non ci pensano due volte a diffondere nome cognome indirizzo e foto segnaletica dell'albanese che ha investito la vecchietta, ma di pubblicare la dichiarazione dei redditi di Totti non se ne parla nemmeno. e il Garante della Privacy, perche' si sveglia solo ora?
Il cittadino e' lasciato solo a cercare di darsi una risposta a questi quesiti. ed e' comprensibile che a un certo punto rinunci e liquidi il tutto con qualche soluzione grossolana e qualunquista tipo "Prodi l'ha fatto per fare uno sgarbo a Berlusconi" o "tanto sono tutti uguali, tutti dei ladri".
Intanto, qualche dato non puo' fare a meno di emergere, tipo che -sempre secondo l'ANSA- su 40 milioni (40.000.000) di contribuenti "sono poco piu' di 300.000 [...] quelli che guadagnano piu' di 100.000 euro l'anno" o meglio, quelli che dichiarano di guadagnare piu' di 100.000 euro l'anno, e che piu' del 50% dei contribuenti dichiara meno di 15.000 euro l'anno. Al che viene il triste sospetto che tutto lo strepitare dei vari Codacons e compagnia serva solo a distogliere l'attenzione da queste cifre scandalose, che dimostrano ancora una volta che chi puo' evadere le tasse in Italia lo fa pesantemente e senza vergogna, alle spese dei lavoratori dipendenti che invece non possono far altro che pagarsele tutte quante. Questa e' la vera ingiustizia oggi in Italia, ingiustizia contro la quale almeno le vittime (i dipendenti di cui sopra) dovrebbero far sentire la propria voce, invece di votare per quel tizio che disse che gli evasori fanno bene o per quegl'altri che a Roma ci stanno ormai da vent'anni ma gridano ancora "basta tasse basta roma".
Il sito e' diventato quasi immediatamente irraggiungibile a causa dei troppi tentativi di connessione. Si e' levato un coro di proteste da parte di questo o quel difensore della privacy. I dati sono stati rimossi il giorno successivo dietro richiesta del Garante della Privacy, ma nel frattempo erano stati opportunamente copiati e ora sono disponibili su eMule. E' notizia di oggi che una delle ineffabili associazioni sedicenti a difesa del consumatore, il Codacons, ha denunciato il ministro -uscente- Visco per violazione della legge sulla privacy, a quanto riporta l'ANSA. Visco risponde che lui ha semplicemente agito secondo la legge, che prevedeva appunto la pubblicazione di tali dati.
Gia' a questo punto, la situazione si fa ingarbugliata: perche', o Visco mente, o il Codacons sbaglia, o ci sono due leggi dello Stato in conflitto tra loro. Naturalmente i mass media non fanno nulla per chiarire la questione e il cittadino, come al solito, per farsi un'opinione non ha altro a disposizione che un atto di fede in questa o quella campana.
La questione e' delicata. Io ritengo che lo stipendio o le entrate di una persona siano una questione privata, sulla quale uno deve essere libero di poter mantenere la riservatezza. Idem dicasi per indirizzi e dati anagrafici. D'altro canto, sappiamo tutti che l'evasione fiscale e' la norma per gran parte dei commercianti e dei professionisti, e certe proteste suonano un po' ipocrite, soprattutto da chi e' pronto a usare l'argomento del "se non hai niente da nascondere, non hai niente da temere" su altri temi come ad esempio quando si tratta di definire i confini delle attivita' di polizia.
A chiarire la questione, a mio parere, ci pensa, senza volerlo, proprio il Codacons. Citando l'ANSA: "Il presidente del Codacons sottolinea che un articolo della legge del 2005 'vieta espressamente la diffusione delle denunce dei redditi dei contribuenti', ma 'nel caso dei redditi on line e' stata confusa la pubblicita' delle denunce, che nessuno mette in dubbio, con la loro accessibilita', cosa ben diversa'". Questo approccio, secondo me, esemplifica bene lo stato di confusione che regna in Italia. Il presidente del Codacons sostiene che "nessuno mette in dubbio la pubblicita' delle denunce dei redditi", ma che questa viene confusa con la loro "accessibilita'". Questi salti mortali semantici a volte mi fanno venire dei dubbi, specialmente quando non so se sono rincoglionito io o quello che ho letto e' frutto di ignoranza e malafede, e allora sono andato a controllare sul demauro online il significato di "pubblicita'": basso uso: "l’essere pubblico, l’essere accessibile al pubblico"; alto uso: "divulgazione, diffusione tra il pubblico di dati, informazioni, fatti o sim.". A questo punto, mi sembra che pubblicita', accessibilita' e diffusione siano sinonimi, come il buon senso e la mia seppur rudimentale conoscenza dell'italiano mi suggerivano fin dall'inizio. Provo un senso di vertigine al solo cercare di immaginare come, nella mente del presidente del Codacons, possa esistere un concetto per cui qualcosa puo' essere pubblico e contemporaneamente non deve essere diffuso e nemmeno reso accessibile.
Avendo quindi appurato che il baccano sollevato dal Codacons e' dettato da ignoranza o malafede (o entrambe), ne deriva che Visco ha ragione (il Codacons non mette in dubbio la "pubblicita'" delle denunce!), e cioe' che ha agito a norma di legge. Ora, il principio per cui le denunce dei redditi sono pubbliche non e' certo stato inventato ieri, e ne conviene persino il Codacons. Perche' non hanno protestato prima? in quali fondamentali campagne per la difesa dei consumatori erano impegnati? e i giornali, perche' non hanno mai pensato all'eventualita' (evidentemente strampalatissima, ai loro occhi) che dei dati pubblici venissero diffusi? non ci pensano due volte a diffondere nome cognome indirizzo e foto segnaletica dell'albanese che ha investito la vecchietta, ma di pubblicare la dichiarazione dei redditi di Totti non se ne parla nemmeno. e il Garante della Privacy, perche' si sveglia solo ora?
Il cittadino e' lasciato solo a cercare di darsi una risposta a questi quesiti. ed e' comprensibile che a un certo punto rinunci e liquidi il tutto con qualche soluzione grossolana e qualunquista tipo "Prodi l'ha fatto per fare uno sgarbo a Berlusconi" o "tanto sono tutti uguali, tutti dei ladri".
Intanto, qualche dato non puo' fare a meno di emergere, tipo che -sempre secondo l'ANSA- su 40 milioni (40.000.000) di contribuenti "sono poco piu' di 300.000 [...] quelli che guadagnano piu' di 100.000 euro l'anno" o meglio, quelli che dichiarano di guadagnare piu' di 100.000 euro l'anno, e che piu' del 50% dei contribuenti dichiara meno di 15.000 euro l'anno. Al che viene il triste sospetto che tutto lo strepitare dei vari Codacons e compagnia serva solo a distogliere l'attenzione da queste cifre scandalose, che dimostrano ancora una volta che chi puo' evadere le tasse in Italia lo fa pesantemente e senza vergogna, alle spese dei lavoratori dipendenti che invece non possono far altro che pagarsele tutte quante. Questa e' la vera ingiustizia oggi in Italia, ingiustizia contro la quale almeno le vittime (i dipendenti di cui sopra) dovrebbero far sentire la propria voce, invece di votare per quel tizio che disse che gli evasori fanno bene o per quegl'altri che a Roma ci stanno ormai da vent'anni ma gridano ancora "basta tasse basta roma".
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