brave new world revisited - 1

E' da quando sono tornato dalle ferie che ho sulla scrivania Il mondo nuovo di Aldous Huxley con l'intenzione di appuntarmi qui i brani che ho sottolineato da "Ritorno al mondo nuovo" cioe' il commento che lo stesso Huxley scrisse nel 1958, 26 anni dopo il suo romanzo. "Ritorno al mondo nuovo" e' evidentemente la migliore traduzione trovata a "Brave new world revisited", il titolo originale, che rende un po' meglio l'idea.
Tra BNW e BNWR c'e' stato il nazismo, una guerra mondiale, progressi tecnologici inimmaginabili e una promessa di "progresso" ancor piu' estremo. Huxley rivede le profezie del proprio romanzo e si pone alcune domande circa il futuro della democrazia e del genere umano in generale. Cinquanta anni dopo, una lettura particolarmente interessante.

Dopo che l'era delle dittature sanguinarie in Occidente si e' chiusa, Huxley scrive: "Alla luce delle ultime scoperte sulla condotta animale in genere, e umana in particolare, e' chiaro che, a lunga scadenza, il controllo e' meno efficace se ricorre al castigo della condotta indesiderata, anziche' indurre la condotta desiderata mediante premi; e' chiaro che un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con mezzi non-violenti, manipola l'ambiente e i pensieri e i sentimenti dei singoli, uomini donne e bambini. [...] Nel mondo immaginario della mia favola il castigo e' raro e di solito mite. Il governo realizza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamente la condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme di manipolazione pressoche' non-violenta, fisica e psicologica, e alla standardizzazione genetica. [...] Frattanto forze impersonali, da noi incontrollabili, paiono spingerci tutti quanti nella direzione dell'incubo del Mondo Nuovo: una spinta impersonale che i rappresentati delle organizzazioni politich e commerciali consapevolmente accelerano. Esse hanno perfezionato nuove tecnich per manipolare, nell'interesse di una minoranza, i pensieri e i sentimenti delle masse" Nel 1958, Huxley coglie gia' i segni di quanto realizzato in pratica al giorno d'oggi. Huxley, grazie al suo essere uomo di cultura, strategicamente a cavallo tra il "mondo vecchio" dell'Ottocento e il mondo nuovo del Novecento, riesce a vedere il contrasto stridente tra l'uomo vecchio e l'uomo nuovo.

In maniera precisa, poi, Huxley vede il futuro degli Stati Uniti: "Se l'eccessiva popolazione spingesse i paesi sottosviluppati verso il totalitarismo, e se le nuove dittature si alleassero con la Russia, allora assai meno stabile diventerebbe la posizione militare degli Stati Uniti, e bisognerebbe intensificare i preparativi alla difesa e alla rappresaglia. Ma la liberta', come tutti sappiamo, non fiorisce in un paese che sta sempre sul piede di guerra, o che si prepara a combattere. Una crisi permanente giustifica il controllo su tutto e su tutti, da parte del governo centrale. E proprio una crisi permanente noi dobbiamo attenderci da questo mondo [...]." Nel 1958, si badi bene, Huxley descriveva con esattezza la tattica militarista degli USA, fino a descriverci le limitazioni alla liberta' che abbiamo visto fatte legge sotto gli ultimi governi Bush, cioe' giusto ieri.

E ancora: "In una democrazia capitalista, come gli Stati Uniti, la Grande Impresa cade sotto il controllo di quella che il professor C. Wright Mills definisce "elite al potere". Questa elite impiega direttamente la forza lavorativa di milioni di cittadini nelle sue fabbriche, nei suoi uffici, nei suoi negozi, altri milioni controlla, e anche meglio, prestando loro i soldi perche' comprino i suoi prodotti; ed essendo proprietaria dei mezzi della comunicazione di massa, influenza pensieri, sentimenti e azioni di tutti, in pratica." In poche righe, quante cose del nostro presente ritroviamo!

Chi si e' almeno una volta chiesto se la massa di persone che si aggira obnubilata per i centri commerciali sia o meno da considerarsi "normale" o "felice", puo' trovare sollievo nel fatto che, gia' 50 anni fa, Huxley scriveva: "Ebbene, i progressi tecnologici di questi ultimi anni in che senso hanno agito sull'individuo? Ecco la risposta del filosofo e psichiatra dottor Erich Fromm: "La nostra societa' occidentale contemporanea , nonostante il progresso materiale, intellettuale e politico, e' sempre meno capace di condurre alla sanita' mentale, e tende a minare invece la sicurezza interiore, la felicita', la ragione, la capacita' d'amore nell'individuo; tende a trasformarlo in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con una sempre piu' grave infermita' mentale, con la disperazione che si cela sotto la frenetica rosa al lavoro e al cosiddetto piacere." [...]Le vittime veramente disperate dell'infermita' mentale si trovano proprio fra gli individui che paiono normalissimi. [...] Non sono normali, diciamo cosi', nel senso assoluto della parola; sono normali solamente in rapporto a una societa' profondamente anormale. [...] Questi milioni di individui abnormemente normali, che vivono senza gioia in una societa' a cui, se fossero pienamente uomini, non dovrebbero adattarsi, ancora carezzano "l'illusione della individualita'" ma di fatto sono stati in larga misura disindividualizzati. Il loro conformismo da' luogo a qualcosa che somiglia all'uniformita'. Ma "uniformita' e liberta' sono incompatibili. Uniformita' e salute mentale sono anch'esse incompatibili... L'uomo non e' fatto per essere automa, e se lo diventa, va distrutta la base della sanita' mentale"." Parole che dovrebbero far riflettere chi oggi si presta al gioco di quei nostri politici che abusano della parola "liberta'" per propagandare, in realta', il conformismo.

E ce n'e' anche riguardo l'ambiente. Quello che oggi chiamiamo "ambientalismo" non e' altro che il contentino datoci da chi, decenni fa, ha provveduto ad annichilire l'uomo richiudendolo nelle citta', come vedeva chiaramente Huxley: "L'industria, ampliandosi, attrae nelle grandi metropoli una porzione sempre piu' grande dell'umanita' che cresce. Ma la vita nelle grandi citta' non da' luogo alla salute mentale [...]; ne' sollecita quel tipo di liberta' responsabile entro un gruppo capace di autogovernarsi, che e' la condizione prima della democrazia effettiva. La vita di citta' e' anonima e, per cosi' dire, astratta. Gli individui entrano in rapporto l'uno con l'altro, non come personalita' totali, ma come incarnazioni di altrettante funzioni economiche; o, quando son fuori dal lavoro, come cacciatori irresponsabili di divertimento. Soggetto a una vita simile, l'individuo si sente sempre piu' solo e insignificante. La sua esistenza cessa d'avere un qualche scopo, un qualche senso."

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