Come salvare l'industria discografica

Ovvero: cosa dovrebbero fare i discografici se fossero intelligenti.

Premesso che secondo me la pirateria digitale:
1) non causa alcun danno all'industria discografica e cinematografica, e se danno esiste 2) tale danno e' del tutto trascurabile e, in ogni caso, 3) la pirateria causa meno danni di quanti ne causa il prezzo osceno a cui vengono venduti cd e dvd,

per risolvere tale presunta crisi, l'industria discografica dovrebbe fare una semplice cosa:
smettere di vendere CD.

Voglio dire: smetterla di vendere solo CD. Pagare 20 Euro e piu' per un oggettino facile da duplicare, spesso scomodo da maneggiare e poco soddisfacente in termini di "package", ha veramente poco senso. E' vero che in quei 20 Euro c'e' il compenso per il "genio" dell'artista, ma -diciamoci la verita'- quello che stiamo comprando e' un oggetto, e l'oggetto dev'essere soddisfacente, ed e' spesso la ragione principale dietro l'acquisto. E il successo dei gadget, dei telefonini, dei piccoli inutili palmari che tutti abbiamo in tasca, lo conferma. Se l'oggetto CD non fornisce il sufficiente "valore aggiunto" rispetto al contenuto, allora perche' pagare 20 Euro se posso scaricare gli mp3 gratis?
E quindi la risposta piu' semplice, secondo me, e' quella di tornare a vendere il vinile - e i "vecchi" LP stanno giusto giusto riapparendo sugli scaffali dei centri commerciali. L'LP in vinile offre opportunita' infinitamente maggiori del CD per quanto riguarda il packaging: nella busta dell'LP ci posso mettere un poster, ci posso mettere gli origami, ci posso mettere una banana che si sbuccia, ci posso mettere un libretto dei testi grande come un'enciclopedia, con fotografie degne di questo nome, contenuti extra, eccetera eccetera. Allora si' che spendere 20 Euro per questo oggetto ha senso.
Poi, ci metti dentro un foglietto con un codicino per scaricarti gli mp3 dal sito o, ancora meglio, un CD, nella sua bustina di carta bianca. Perche' il CD e' indubbiamente piu' comodo del vinile. Solo che e' piu' brutto. Se ne fruisce in modo diverso: se lo ficco nell'autoradio, non sono certo li' a leggere il libretto dei testi; se me lo sto ascoltando in santa pace sulla mia poltrona preferita davanti allo stereo, allora tanto meglio avere un bel librettone formato 33 giri da sfogliare, invece dello striminzito libricino - e alzi la mano chi non ha mai bestemmiato cercando di tirarlo fuori dalle alette della confezione di plastica.

E se a qualcuno non va giu' questo mio "ridurre" a oggetto il CD, aggiungo che si', il "genio" dell'artista va ricompensato. Si', anche la musica va pagata, mica solo la plastica della confezione.
Ma nello stesso tempo, la musica viene svilita dall'essere costretta su quel supporto cosi' povero e cosi' facile da duplicare. Sono pronto a pagare il sudore di chi esegue una canzone dal vivo, ma pagare -caro, troppo caro- solo per riascoltare dal mio stereo un brano inciso una volta e duplicato in milioni di copie no, non mi pare giusto. Sono pronto ad abbracciare un sistema di micro-pagamenti che mi addebiti una cifra equa (5 centesimi?) per ogni ascolto di una canzone, dove voglio, quando voglio. La tecnologia e' disponibile: su, forza, dinosauri dell'industria discografica e delle telecomunicazioni, inventatevi qualcosa di smart, invece di continuare a perdere tempo a inventare nuovi sistemi di protezione anti-copia.
Apro Internet col telefonino, digito il nome della canzone, la ricevo "over the air" e bing! 5 centesimi addebitati sulla bolletta. Facile, no? E quante sono le possibilita'! quanti pagherebbero una piccola cifra per avere una radio senza pubblicita' e senza quei dj idioti che starnazzano cretinerie? Siete riusciti a guadagnare miliardi su un servizio becero come gli SMS, datevi una svegliata e fate lo stesso con la musica e i film. Ma vi devo spiegare sempre tutto io?
Oppure forse vuol solo dire che tutta questa minaccia rappresentata dalla pirateria e' una bufala?


Intanto, per la serie "controcorrente" un interessante articolo sull'IHT di ieri: "The Madness of Crowds and an Internet Delusion". "Mr. Lanier [...] argues that the mantras of “open culture” and “information wants to be free” have produced a destructive new social contract. [...] Reciprocity takes the form of self-promotion. Culture is to become precisely nothing but advertising".

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