Cioe', in realta' la prima e' una constatazione: che i tassisti, a Riyadh come in quasi tutto il resto del mondo, sono la razza piu' ladra che esista. Ovviamente la cosa e' -fino a un certo punto- giustificabile: fanno un lavoro spesso infame o altamente competitivo, e quindi e' normale che si incattiviscano e cerchino ogni mezzo per guadagnare di piu'.
A Riyadh la fila per i taxi non esiste. I tassisti cercano semplicemente di sequestrarti appena varchi la porta degli arrivi, e devi farti largo tra quelli che ti tagliano la strada sussurrandoti "taxi sir, taxi mister". In realta', farsi sequestrare subito o fuori sul marciapiede e' esattamente lo stesso, perche' appunto non c'e' fila e in ogni caso nessuno ha il tassametro. Gli "official taxi" si distinguono dalle altre auto che fanno lo stesso servizio semplicemente per la scritta "taxi" sul tettuccio. Per il resto, la guida e la tariffa sono le stesse: uno scandalo. Ieri sera il tizio che mi ha sequestrato, quando gli ho chiesto quanto mi faceva per andare in citta', ha sparato un "one thousand" (Rial: circa 200 Euro, il maiale) che deve avermi dipinto sul volto un'espressione di tale sorpresa e scandalo che lui s'e' dovuto salvare in corner facendo finta che fosse stata una battuta. Alla mia proposta "facciamo cento?" (sapendo che e' un prezzo piu' che onesto) ne e' seguita la consueta breve negoziazione, in realta' una specie di litigio che si e' concluso con lui che mi faceva il muso accettando 150 come se lo stessi rapinando. Considerando che con la guida che hanno si rischia la vita ogni cento metri, c'e' da incazzarsi.
La riflessione vera, invece, riguarda "Inshallah", l'immancabile intercalare degli arabi, ad indicare che ogni nostro programma dipende, alla fin fine, dalla volonta' di Dio. Oggi pensavo che gli arabi dicono inshallah con la stessa frequenza con cui noi diciamo "va bene", "d'accordo", "certamente", pur sapendo che in realta' non va bene per niente, non siamo granche' d'accordo, e la tal cosa non succedera' "certamente".
Ecco, volevo solo dire che il loro mi sembra un atteggiamento non dico migliore ma almeno piu' onesto: "oh, noi ce la mettiamo tutta, poi inshallah". Ok, non e' che la penisola araba sia rinomata per efficienza, puntualita' e produttivita', pero' le cose si fanno. Tanto quanto qua da noi, alla fin fine. Allora perche' sparare dei "certamente", "assolutamente", "sicuro" e tutte le altre asserzioni perentorie a cui noi siamo abituati per poi inventare delle scuse, incappare in delle complicazioni, annullare, riprogrammare, scusarsi?
L'onesta' di chi ce la sta mettendo tutta per far bene il proprio lavoro non si misura con la quantita' di "certamente" che dice. Quindi, tanto vale che inshallah, e poi ognuno sia misurato sui fatti, non sulle parole.
A Riyadh la fila per i taxi non esiste. I tassisti cercano semplicemente di sequestrarti appena varchi la porta degli arrivi, e devi farti largo tra quelli che ti tagliano la strada sussurrandoti "taxi sir, taxi mister". In realta', farsi sequestrare subito o fuori sul marciapiede e' esattamente lo stesso, perche' appunto non c'e' fila e in ogni caso nessuno ha il tassametro. Gli "official taxi" si distinguono dalle altre auto che fanno lo stesso servizio semplicemente per la scritta "taxi" sul tettuccio. Per il resto, la guida e la tariffa sono le stesse: uno scandalo. Ieri sera il tizio che mi ha sequestrato, quando gli ho chiesto quanto mi faceva per andare in citta', ha sparato un "one thousand" (Rial: circa 200 Euro, il maiale) che deve avermi dipinto sul volto un'espressione di tale sorpresa e scandalo che lui s'e' dovuto salvare in corner facendo finta che fosse stata una battuta. Alla mia proposta "facciamo cento?" (sapendo che e' un prezzo piu' che onesto) ne e' seguita la consueta breve negoziazione, in realta' una specie di litigio che si e' concluso con lui che mi faceva il muso accettando 150 come se lo stessi rapinando. Considerando che con la guida che hanno si rischia la vita ogni cento metri, c'e' da incazzarsi.
La riflessione vera, invece, riguarda "Inshallah", l'immancabile intercalare degli arabi, ad indicare che ogni nostro programma dipende, alla fin fine, dalla volonta' di Dio. Oggi pensavo che gli arabi dicono inshallah con la stessa frequenza con cui noi diciamo "va bene", "d'accordo", "certamente", pur sapendo che in realta' non va bene per niente, non siamo granche' d'accordo, e la tal cosa non succedera' "certamente".
Ecco, volevo solo dire che il loro mi sembra un atteggiamento non dico migliore ma almeno piu' onesto: "oh, noi ce la mettiamo tutta, poi inshallah". Ok, non e' che la penisola araba sia rinomata per efficienza, puntualita' e produttivita', pero' le cose si fanno. Tanto quanto qua da noi, alla fin fine. Allora perche' sparare dei "certamente", "assolutamente", "sicuro" e tutte le altre asserzioni perentorie a cui noi siamo abituati per poi inventare delle scuse, incappare in delle complicazioni, annullare, riprogrammare, scusarsi?
L'onesta' di chi ce la sta mettendo tutta per far bene il proprio lavoro non si misura con la quantita' di "certamente" che dice. Quindi, tanto vale che inshallah, e poi ognuno sia misurato sui fatti, non sulle parole.
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