Spulciando i miei feed RSS dell'ultimo mese.
Questa me l'ero persa: "Cisco making a play for Skype?"
"The consistent failure of Linux to grab even 1% of the desktop OS market". Come conclude giustamente l'articolo: "There’s nothing wrong with that, not everything has to go mainstream". La riflessione e' che bisogna sempre diffidare da chi sostiene che un certo OS e' "il migliore" o che il tale OS "e' meglio" dell'OS talaltro. In realta', al massimo, un certo OS e' "il migliore per un certo scopo" o che l'OS tale "e' migliore dell'OS talaltro nel fare una certa cosa". E i fattori da includere nel confronto sono molteplici, e non tutti puramente tecnici.
Royal Pingdom ci sottopone alcune interessanti riflessioni fondamentalmente a favore dei software che si aggiornano automaticamente. Non sono sicuro di essere totalmente d'accordo con questo articolo. Nonostante anni di storia dell'informatica abbiano dimostrato che applicare tempestivamente le patch al software sia cosa buona e giusta, trovo che venga dato troppo poco risalto a un aspetto secondo me fondamentale: "Users have to give up some control". Ogni tanto, Adobe se ne esce con "aggiornamenti" di Acrobat intorno ai 100 MB; l'altro giorno, ho lanciato il software update sul Mac Pro e ho dovuto scaricare piu' di 1 GB di roba. L'articolo si chiede: "Compare the software of today with that from 10 years ago. Which would you rather be using?" Vero. Quasi sempre. Il 90% degli utenti MS Word che conosco (me incluso) utilizzano solo feature che erano gia' presenti in Word 2.0 su Windows 3.1. Lasciare gli update/upgrade in mano ai vendor, senza alcun controllo da parte dell'utente, significa -anche- essere trascinati in una spirale di upgrade hardware che, se i vari Adobe, MS, Apple, eccetera concentrassero le loro energie nello scrivere software piu' efficiente invece di rilasciare centinaia di mega di "aggiornamenti", non sarebbe quasi mai necessaria all'utente medio.
Simpatico articolo su chi fa le prove col BGP su Internet.
Saggio consiglio su come concludere al meglio la giornata di lavoro.
Dopo il polverone sollevato dall'annuncio Google-Verizon, fortunatamente il dibattito sulla net-neutrality sembra essersi assestato su binari piu' ragionevoli. The Harvard Business Review e CircleID.
Per la categoria "Come passare il proprio tempo":
Come assicurarsi che i propri dipendenti non sprechino troppo tempo cazzeggiando su facebook? "At the heart of the nanny strategy is the unsolvable problem that policing for productivity is extremely time consuming, very costly and, ultimately, unworkable. It is time to start valuing results over appearances".
A proposito di facebook: "Delta customers can book flights on Facebook". "Our customers are spending more time online and are looking for new ways to connect with us".
"38 percent of respondents claimed to suffer from information overload at work". L'articolo riporta alcuni numeri provenienti da un sondaggio commissionato da Salesforce. Numeri che, a mio parere, non dicono granche'. Penso pero' che questo "information overload" esista davvero, solo che ritengo sia dovuto non tanto alla mole di informazioni che riceviamo, quanto alla quantita' di occasioni di distrazione che noi stessi ricerchiamo durante la giornata lavorativa e al fatto che molti scelgano di fruire delle informazioni rilevanti nel modo sbagliato. E' ovvio che controllare facebook, twitter, i feed RSS, gli SMS eccetera mentre si cerca di lavorare e' controproduttivo. Da qui, la sensazione di "overload". Penso anche che usare costantemente l'iphone o lo smartphone, coi loro schermi minuscoli, la formattazione approssimativa, le tastiere ridotte all'osso, come mezzo per leggere l'email renda estremamente piu' difficoltoso prestare la giusta attenzione al contenuto che il mittente vuole inviarci, aumentando ulteriormente la sensazione di overload.
Poi, uno puo' passare ore e ore qui, qui o qui.
Oppure, piu' produttivamente, qui sull'OpenCourseWare del MIT.
E per finire: "Redesigning the New York City subway map". Lettura interessante. Ma io penso che la metropolitana di New York sia oggettivamente un casino.
Questa me l'ero persa: "Cisco making a play for Skype?"
"The consistent failure of Linux to grab even 1% of the desktop OS market". Come conclude giustamente l'articolo: "There’s nothing wrong with that, not everything has to go mainstream". La riflessione e' che bisogna sempre diffidare da chi sostiene che un certo OS e' "il migliore" o che il tale OS "e' meglio" dell'OS talaltro. In realta', al massimo, un certo OS e' "il migliore per un certo scopo" o che l'OS tale "e' migliore dell'OS talaltro nel fare una certa cosa". E i fattori da includere nel confronto sono molteplici, e non tutti puramente tecnici.
Royal Pingdom ci sottopone alcune interessanti riflessioni fondamentalmente a favore dei software che si aggiornano automaticamente. Non sono sicuro di essere totalmente d'accordo con questo articolo. Nonostante anni di storia dell'informatica abbiano dimostrato che applicare tempestivamente le patch al software sia cosa buona e giusta, trovo che venga dato troppo poco risalto a un aspetto secondo me fondamentale: "Users have to give up some control". Ogni tanto, Adobe se ne esce con "aggiornamenti" di Acrobat intorno ai 100 MB; l'altro giorno, ho lanciato il software update sul Mac Pro e ho dovuto scaricare piu' di 1 GB di roba. L'articolo si chiede: "Compare the software of today with that from 10 years ago. Which would you rather be using?" Vero. Quasi sempre. Il 90% degli utenti MS Word che conosco (me incluso) utilizzano solo feature che erano gia' presenti in Word 2.0 su Windows 3.1. Lasciare gli update/upgrade in mano ai vendor, senza alcun controllo da parte dell'utente, significa -anche- essere trascinati in una spirale di upgrade hardware che, se i vari Adobe, MS, Apple, eccetera concentrassero le loro energie nello scrivere software piu' efficiente invece di rilasciare centinaia di mega di "aggiornamenti", non sarebbe quasi mai necessaria all'utente medio.
Simpatico articolo su chi fa le prove col BGP su Internet.
Saggio consiglio su come concludere al meglio la giornata di lavoro.
Dopo il polverone sollevato dall'annuncio Google-Verizon, fortunatamente il dibattito sulla net-neutrality sembra essersi assestato su binari piu' ragionevoli. The Harvard Business Review e CircleID.
Per la categoria "Come passare il proprio tempo":
Come assicurarsi che i propri dipendenti non sprechino troppo tempo cazzeggiando su facebook? "At the heart of the nanny strategy is the unsolvable problem that policing for productivity is extremely time consuming, very costly and, ultimately, unworkable. It is time to start valuing results over appearances".
A proposito di facebook: "Delta customers can book flights on Facebook". "Our customers are spending more time online and are looking for new ways to connect with us".
"38 percent of respondents claimed to suffer from information overload at work". L'articolo riporta alcuni numeri provenienti da un sondaggio commissionato da Salesforce. Numeri che, a mio parere, non dicono granche'. Penso pero' che questo "information overload" esista davvero, solo che ritengo sia dovuto non tanto alla mole di informazioni che riceviamo, quanto alla quantita' di occasioni di distrazione che noi stessi ricerchiamo durante la giornata lavorativa e al fatto che molti scelgano di fruire delle informazioni rilevanti nel modo sbagliato. E' ovvio che controllare facebook, twitter, i feed RSS, gli SMS eccetera mentre si cerca di lavorare e' controproduttivo. Da qui, la sensazione di "overload". Penso anche che usare costantemente l'iphone o lo smartphone, coi loro schermi minuscoli, la formattazione approssimativa, le tastiere ridotte all'osso, come mezzo per leggere l'email renda estremamente piu' difficoltoso prestare la giusta attenzione al contenuto che il mittente vuole inviarci, aumentando ulteriormente la sensazione di overload.
Poi, uno puo' passare ore e ore qui, qui o qui.
Oppure, piu' produttivamente, qui sull'OpenCourseWare del MIT.
E per finire: "Redesigning the New York City subway map". Lettura interessante. Ma io penso che la metropolitana di New York sia oggettivamente un casino.
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