Il cimitero di Praga

E' chiaro che a Umberto Eco piace moltissimo fare sfoggio della propria erudizione. Anzi, io penso che ci goda proprio a infarcire i suoi romanzi di una carrellata straripante di fatti, luoghi, cibi, libri, persone, abiti, abitudini, miti, complotti. E l'apice del godimento lo raggiunge probabilmente alla fine del libro, quando, sotto il titolo falsamente modesto di "Inutili precisazioni erudite" ci dice che "Il solo personaggio inventato di questa storia e' il protagonista [...] tutti gli altri personaggi sono realmente esistiti e hanno fatto e detto le cose che fanno e dicono in questo romanzo". Non che il sospetto non ci fosse venuto gia' prima: la mole di dettagli forniti nel libro non puo' essere inventata, pensa il lettore, che pero' rimane sempre col dubbio: in fondo non e' proprio una storia a proposito di fatti falsi che in molti crederanno veri quella che Eco ci racconta in questo libro? (E non solo in questo: il tema dei complotti veri e falsi, piu' o meno esoterici, arriva direttamente da Il Pendolo di Foucault).
Man mano che segue le disgraziate avventure del protagonista, vero anti-eroe, incarnazione di tutte le spregevolezze dell'essere umano, il lettore capira' (se non e' erudito quanto Eco, nel qual caso il titolo del romanzo gli sara' bastato) dove va a parare la storia: la costruzione del piu' famoso falso della Storia, diventato poi parte delle fondamenta teoriche del piu' grande massacro della Storia.
Personalmente, credo che Il cimitero di Praga non raggiunga in godibilita' Il nome della rosa e Il pendolo di Foucault, che riuscivano invece a mescolare alla perfezione "l'inutile erudizione" di Eco con l'azione, il mistero e a volte anche lo humour dei loro riuscitissimi intrecci. Quest'ultimo romanzo, invece, si perde a volte nell'erudizione degli elenchi delle prelibatezze gastronomiche che il protagonista si concede quasi a premio per le proprie malefatte, o nella descrizione di luoghi o avvenimenti secondari rispetto alla vicenda principale; va detto pero' che il lettore e' opportunamente posto in guardia dalla citazione di Carlo Tenca posta all'inizio del libro, ed e' inoltre un artificio pregevole quello di sommergere di particolari irrilevanti un racconto a proposito di personaggi che inventano storie stracolme di dettagli inventati riguardo avvenimenti falsi.
Simone Simonini, il protagonista, rappresenta quanto di peggio puo' produrre la mente umana nutrita dall'ottusita', dall'odio, dalla fame di ricchezza e potere: un falsario, un assassino, un misantropo, un uomo letteralmente senza scrupoli e, a ben vedere, persino senza uno scopo se non quello di soddisfare il proprio ego riversando odio e inganno verso il prossimo nella certezza che anch'egli sta solo cercando di fare altrettanto.
Come dice Eco in chiusura del libro, Simonini e' ancora tra noi. E' il malvagio, il servo, il traditore all'occorrenza, che percorre probabilmente da sempre la Storia del genere umano.

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