Mangiare fuori.
Ovviamente, per chi va in vacanza negli USA, mangiare fuori rischia di diventare la normalita', e dico "rischia" perche' se ovunque nel mondo e' difficile mangiare poco e/o leggero quando si va al ristorante, negli Stati Uniti e' un'impresa quasi impossibile.
Prima di tutto, alcuni chiarimenti su cosa non aspettarsi: non aspettatevi di "andiamo a fare due passi e ci fermiamo nel primo ristorante che ci ispira". Quasi ovunque, le aree residenziali e commerciali sono rigorosamente separate ed e' quindi necessario sapere in anticipo dove dirigersi: metropoli come New York o Los Angeles sono sconfinate, e anche in auto non ci si puo' permettere piu' di tanto di girare alla cieca. Per chi e' "on the road", la cosa e' piu' semplice, in quanto i "ristoranti" sono solitamente concentrati in una zona di periferia, spesso vicino agli hotel e ai distributori di benzina, giusto fuori dall'incrocio con l'autostrada di passaggio. I paesi lontani dalle strade a grande percorrenza hanno di solito un piccolo "downtown" (una via, un paio di isolati) dove sono concentrate le "attrazioni" del luogo in termini di vita mondana.
Una cosa di cui il turista italiano sicuramente fatica a convincersi e' che il 90% della ristorazione negli USA e' affidata alle catene, e non parlo solo di McDonald's o Burger King o Pizza Hut. Spesso e volentieri, anche quando ci illudiamo di aver trovato "un ristorantino particolare", scopriamo che questa fa parte di una piccola o grande catena. E' il tratto inconfondibile del capitalismo americano: apri un ristorante, hai successo, replichi la formula altrove, e ancora, e ancora. Dalla fonduta high-end del Melting Pot, ai posti alla buona come il Waffle House, fino al chiosco degli hot dog, dimenticatevi il pizzaiolo sotto casa e preparatevi piuttosto a un'esperienza che e' stata standardizzata, procedurizzata, per essere replicabile a Boston come a San Francisco; noterete anche come moltissime tra le catene piu' piccole offrano merchandising personalizzato: magliette, tazze e quant'altro. Tutto cio' non significa che A) non si possano trovare posti "unici", B) non ci sia un'ampia scelta, C) il cibo sia sgradevole.
Va anche chiarito il concetto stesso dietro la parola "ristorante": il fatto che un locale sia classificato come "restaurant" non presuppone affatto, come da noi, che il servizio o il cibo siano di particolare qualita'; si riferisce semplicemente al fatto che il locale offre il servizio al tavolo, e a volte nemmeno quello. Purtroppo, e' spesso difficile farsi un'idea del livello del locale, data la tendenza a utilizzare vetrine oscurate o addirittura a nascondere i clienti in salette interne. Anche la categoria del locale non e' garanzia di alcunche': la Mexican Cantina potrebbe essere linda e tranquilla, e il French Bistro lercio e rumoroso, o viceversa.
Come ormai si sta diffondendo sempre di piu' anche da noi, nei locali che offrono servizio al tavolo negli USA vale la regola del "wait to be seated": appena entrati, solitamente c'e' un banchetto con una cameriera che gestisce le prenotazioni, l'eventuale attesa per trovare un tavolo, e vi accompagnera' al vostro posto. Se avete adocchiato un tavolo che preferite rispetto a quello che vi e' stato assegnato, non fatevi problemi a chiedere. Una volta seduti, arrivera' il vostro cameriere/cameriera, spesso un teenager, che si presentera' con grande spreco di sorrisi e smancerie e vi chiedera' se sapete gia' cosa volete da bere. L'americano medio si ingozza di bevande gassate e gelate, ma non c'e' nulla di male a chiedere "just water", ricordando che riceverete un bicchierone di acqua (poca) e ghiaccio (molto). Sia per l'acqua che per le bibite analcoliche, solitamente i refill ("rabbocchi") sono gratis. Tenete presente che non sempre gli alcolici sono disponibili. I "family restaurant" non prevedono nemmeno la birra, per non parlare del vino o superalcolici; date un'occhiata al menu'. Gli americani sono molto piu' rigidi di noi per quanto riguarda gli alcolici: ai minori di 21 anni non vengono serviti alcolici, e in generale non e' consueto come da noi bere alcool a pranzo. Date un'occhiata a cosa fanno gli altri avventori.
In generale, comunque, i camerieri USA sono sempre estremamente servizievoli e, a parte le mete piu' frequentate, sono specialmente comprensivi coi turisti. Ovviamente c'e' una ragione dietro a questo comportamento, e si chiama mance. Un altro concetto che noi europei fatichiamo ad accettare e' che lasciare la mancia, negli USA, e' praticamente obbligatorio. Ormai, la mancia standard si aggira tra il 15 e il 20% del totale del conto, per quanto incredibile possa ancora sembrarmi. Spesso i locali stessi provvedono a ricordarvi di questa incombenza, annotando sullo scontrino le percentuali "suggerite", con tutte le accortezze del caso, come ad esempio quella di richiedere una mancia minima in caso di gruppi numerosi. Le ricevute della carta di credito hanno sempre uno spazio dove aggiungere il tip. Anche nei locali col servizio al banco, una piccola mancia (uno o due dollari) e' solitamente attesa. Evito di dilungarmi in una dissertazione su quanto mi sembri assurdo un sistema del genere. Per una vivace discussione a proposito, si vedano i commenti relativi a questo articolo, dove tra l'altro si scopre che lo stipendio base di un cameriere negli USA varia tra i 2 e i 4 dollari l'ora. L'effetto principale sul consumatore e' comunque quello di rendere ulteriormente piu' opaco il prezzo finale che si va a pagare, in quanto va anche considerato che il prezzo segnato sui menu (e in tutti i negozi, in genere) e' sempre al netto delle tasse (un po' come se da noi i prezzi esposti fossero tutti IVA esclusa). Quindi, quando vedete il Country Brisket Plate a 5.99, ricordatevi di aggiungere mentalmente le tasse e la mancia, e vi accorgerete che in realta' vi costera' circa 8 dollari.
L'altra faccia della medaglia e' che le porzioni sono sempre piu' che abbondanti, sia per gli appetizers o starters (antipasti) che per le entree (portate principali), spesso associate a uno o piu' contorni a scelta. E' comune la possibilita' di farsi incartare gli avanzi in una "doggie bag" per portarli a casa. Per quanto vi sembri invitante un piatto, ricordate: le porzioni sono sempre abbondanti. Evitiamo di sprecare cibo e di ingozzarci inutilmente (queste, peraltro, due tipiche abitudini dei consumatori locali).
Il fatto che molte catene offrano piatti cosi' abbondanti a prezzi tutto sommato economici fa si' che la maggioranza della popolazione mangi spessissimo fuori casa o si rivolga ai take away. Personalmente vedo un chiarissimo nesso tra questo fatto e i preoccupanti tassi di obesita' negli Stati Uniti; poi ognuno faccia i propri conti. Oltre ad evitare le bevande gassate (mio personale consiglio), con un po' di accortezza e' comunque possibile evitare di eccedere coi cibi fritti, esaminando con accortezza i menu (evito di considerare seriamente le proposte "light" che ultimamente vanno di moda mentre secondo me sono solo una truffa) o rivolgendosi, dove possibile, a offerte gastronomiche "tipiche", come il cibo Messicano, le catene "southern" negli stati del Sud (come ad esempio il Cracker Barrel), o i ristoranti di pesce in New England, Florida, California, eccetera: non sara' mai come mangiare "tipico" qua da noi, ma almeno siamo un gradino sopra il fast food tipo Wendy's, Denny's, Taco Bell, Dunkin' Donuts e compagnia bella. In generale, comunque, i sapori sono molto piu' decisi che da noi, e spesso i dolci tendono a essere eccessivi. Il mio consiglio in generale per quando ci si trova a mangiare all'estero e' questo: ordinate qualcosa che non conoscete o che sapete essere un piatto tipico. In questo modo ci saranno piu' probabilita' di avere piacevoli sorprese. E' inutile ordinare le melanzane alla parmigiana in Nebraska e poi lamentarsi che non erano come quelle della mamma. Visto poi che qui stiamo parlando degli USA e non dell'Estremo Oriente, non c'e' rischio che vi vengano serviti insetti, cani, gatti, ratti, serpenti o altre robe strane, quindi, semplicemente: assaggiate.
Una nota a parte va fatta circa i ristoranti italiani, che solitamente sono interessanti solo perche' offrono la possibilita' di farsi due risate vedendo le assurdita' presenti in menu'. Sono sicuro che presto o tardi gli americani riusciranno a convincerci a mangiare le Fettuccine Alfredo o gli spaghetti col pollo, ma nel frattempo cerchiamo di mantenere ben distinte la cucina italiana e la cucina italiana per gli americani. Salvo lodevoli eccezioni, i ristoranti italiani in America offrono improbabili sughi alla bolognaise, mostruose porzioni di spaghetti con meatballs (che nella mia ignoranza di padano ho scoperto in America essere un piatto relativamente comune nel nostro Meridione), e un generale, disgustoso, abuso dell'aglio. Nel 99% dei casi, ovviamente, "cucina italiana" corrisponde in realta' a "una versione bastarda della cucina meridionale". E' possibile trovare buone pizzerie, soprattutto nelle grandi citta' (sono rinomate le pizze stile "New York" o "Chicago"); i forni a legna sono rari; spesso una buona pasta e' rovinata da ingredienti sballati, principalmente il sugo di pomodoro che tende spesso a ricordare piu' il ketchup che la passata.
Altra nota per il turista italiano piu' distratto e' naturalmente il caffe'. Se volete un caffe' come "da noi", provate a ordinare un espresso, se vedete all'orizzonte una macchina da caffe'. Altrimenti, non fate gli schizzinosi e ordinate una tazza di coffee (anche qui solitamente i refill sono gratis): e' chiaro che se uno lo confronta a un espresso, il gusto non e' per niente lo stesso. L'italiano in America, in partenza per l'America, o al ritorno dall'America si distingue nel 90% dei casi per le sue continue esclamazioni circa il fatto che gli americani "non sanno fare il caffe'" e "m'e' toccato bere quella roba annacquata" eccetera eccetera. Mettetevi invece in mente che il caffe' che si beve in America (e peraltro in tutti paesi anglosassoni, dell'Europa del Nord e in moltissime altre parti del mondo) e' una cosa diversa dal nostro espresso. Tanto quanto lo e' il caffe' alla napoletana o il caffe' turco. All'origine c'e' sempre il caffe', ma sono bevande diverse. Capito? Quindi basta lamentarsi. Se non sono gia' sul tavolo, zucchero e latte vanno richiesti espressamente. Evitare di chiedere cagate all'italiana tipo "cappuccino d'orzo al vetro macchiato tiepido": sarebbe come chiedere a un nostro barista di preparare l'anatra alla pechinese. Il discorso e' diverso, naturalmente, per gli Starbucks e le caffetterie piu' o meno simili, dove solitamente le scelte disponibili sono ben descritte su grandi lavagne appese sopra il bancone.
Un'altra cosa di cui tenere conto e' che gli americani hanno un concetto di pulizia, igiene e soprattutto "presentazione" un bel po' differente dal nostro. Le tovaglie sono rarissime, come anche i tovaglioli di tessuto. Solitamente le posate arrivano in bustine di carta "tipo mensa". I tavoli vengono puliti dopo ogni cliente con dosi industriali di spray detergenti e qualche energica passata di straccio, col frequente risultato di sensazione appiccicaticcia. Consiglio ai piu' schizzinosi di non prestare molta attenzione a cosa fa il ragazzotto addetto alla pulizia dei tavoli con l'unico straccio di cui solitamente e' dotato. Poi mi stupisce sempre vedere le incredibili trasformazioni di persone che qua in Italia si rifiutano di entrare in un ristorante perche' il padrone una volta ha accarezzato un cane e poi in vacanza vanno a mangiare in topaie con gli scarafaggi morti in giro e le macchie di umidita' sul soffitto solo perche' sono a New York e si sentono chissa' che. E' sempre molto istruttivo entrare in un albergo o ristorante americano e dare uno sguardo ai muri (storti), ai vetri (opachi), ai soffitti (sbilenchi) che vi sorprenderanno anche nei locali piu' insospettabili.
Ultima considerazione: gli orari. Per riassumerla in due parole, negli USA si mangia come da noi i pensionati. La gran parte degli uffici chiude alle 5 e spesso fa orario continuato, il che significa che verso quell'ora e' gia' possibile trovare gente a cena. Ho visto ristoranti annunciare sconti "early bird" a cena alle 16.30, o addirittura alle 16. Le 6 di pomeriggio sono un orario perfettamente accettabile per andare a cena, le 7 sono gia' considerate "serata", e dalle 8 in poi e' ufficialmente tardi. Cercare cena dopo le 9 puo' rivelarsi un'impresa molto difficile. Per noi turisti, fortunatamente tutto cio' funziona perfettamente bene in quanto solitamente il jet lag significa svegliarsi felicemente alle 5 di mattina per almeno una settimana. Le maggiori catene, comunque, offrono i loro piatti praticamente in continuazione, e come potrete immaginare negli USA nessuno vi fara' mai battute cretine se avrete voglia di cappuccino a mezzogiorno o di uova, bacon e pancakes alle tre di pomeriggio.
Ovviamente, per chi va in vacanza negli USA, mangiare fuori rischia di diventare la normalita', e dico "rischia" perche' se ovunque nel mondo e' difficile mangiare poco e/o leggero quando si va al ristorante, negli Stati Uniti e' un'impresa quasi impossibile.
Prima di tutto, alcuni chiarimenti su cosa non aspettarsi: non aspettatevi di "andiamo a fare due passi e ci fermiamo nel primo ristorante che ci ispira". Quasi ovunque, le aree residenziali e commerciali sono rigorosamente separate ed e' quindi necessario sapere in anticipo dove dirigersi: metropoli come New York o Los Angeles sono sconfinate, e anche in auto non ci si puo' permettere piu' di tanto di girare alla cieca. Per chi e' "on the road", la cosa e' piu' semplice, in quanto i "ristoranti" sono solitamente concentrati in una zona di periferia, spesso vicino agli hotel e ai distributori di benzina, giusto fuori dall'incrocio con l'autostrada di passaggio. I paesi lontani dalle strade a grande percorrenza hanno di solito un piccolo "downtown" (una via, un paio di isolati) dove sono concentrate le "attrazioni" del luogo in termini di vita mondana.
Una cosa di cui il turista italiano sicuramente fatica a convincersi e' che il 90% della ristorazione negli USA e' affidata alle catene, e non parlo solo di McDonald's o Burger King o Pizza Hut. Spesso e volentieri, anche quando ci illudiamo di aver trovato "un ristorantino particolare", scopriamo che questa fa parte di una piccola o grande catena. E' il tratto inconfondibile del capitalismo americano: apri un ristorante, hai successo, replichi la formula altrove, e ancora, e ancora. Dalla fonduta high-end del Melting Pot, ai posti alla buona come il Waffle House, fino al chiosco degli hot dog, dimenticatevi il pizzaiolo sotto casa e preparatevi piuttosto a un'esperienza che e' stata standardizzata, procedurizzata, per essere replicabile a Boston come a San Francisco; noterete anche come moltissime tra le catene piu' piccole offrano merchandising personalizzato: magliette, tazze e quant'altro. Tutto cio' non significa che A) non si possano trovare posti "unici", B) non ci sia un'ampia scelta, C) il cibo sia sgradevole.
Stuzzichino tranquillo: una tonnellata di cipolle in pastella fritte. |
Va anche chiarito il concetto stesso dietro la parola "ristorante": il fatto che un locale sia classificato come "restaurant" non presuppone affatto, come da noi, che il servizio o il cibo siano di particolare qualita'; si riferisce semplicemente al fatto che il locale offre il servizio al tavolo, e a volte nemmeno quello. Purtroppo, e' spesso difficile farsi un'idea del livello del locale, data la tendenza a utilizzare vetrine oscurate o addirittura a nascondere i clienti in salette interne. Anche la categoria del locale non e' garanzia di alcunche': la Mexican Cantina potrebbe essere linda e tranquilla, e il French Bistro lercio e rumoroso, o viceversa.
Come ormai si sta diffondendo sempre di piu' anche da noi, nei locali che offrono servizio al tavolo negli USA vale la regola del "wait to be seated": appena entrati, solitamente c'e' un banchetto con una cameriera che gestisce le prenotazioni, l'eventuale attesa per trovare un tavolo, e vi accompagnera' al vostro posto. Se avete adocchiato un tavolo che preferite rispetto a quello che vi e' stato assegnato, non fatevi problemi a chiedere. Una volta seduti, arrivera' il vostro cameriere/cameriera, spesso un teenager, che si presentera' con grande spreco di sorrisi e smancerie e vi chiedera' se sapete gia' cosa volete da bere. L'americano medio si ingozza di bevande gassate e gelate, ma non c'e' nulla di male a chiedere "just water", ricordando che riceverete un bicchierone di acqua (poca) e ghiaccio (molto). Sia per l'acqua che per le bibite analcoliche, solitamente i refill ("rabbocchi") sono gratis. Tenete presente che non sempre gli alcolici sono disponibili. I "family restaurant" non prevedono nemmeno la birra, per non parlare del vino o superalcolici; date un'occhiata al menu'. Gli americani sono molto piu' rigidi di noi per quanto riguarda gli alcolici: ai minori di 21 anni non vengono serviti alcolici, e in generale non e' consueto come da noi bere alcool a pranzo. Date un'occhiata a cosa fanno gli altri avventori.
In generale, comunque, i camerieri USA sono sempre estremamente servizievoli e, a parte le mete piu' frequentate, sono specialmente comprensivi coi turisti. Ovviamente c'e' una ragione dietro a questo comportamento, e si chiama mance. Un altro concetto che noi europei fatichiamo ad accettare e' che lasciare la mancia, negli USA, e' praticamente obbligatorio. Ormai, la mancia standard si aggira tra il 15 e il 20% del totale del conto, per quanto incredibile possa ancora sembrarmi. Spesso i locali stessi provvedono a ricordarvi di questa incombenza, annotando sullo scontrino le percentuali "suggerite", con tutte le accortezze del caso, come ad esempio quella di richiedere una mancia minima in caso di gruppi numerosi. Le ricevute della carta di credito hanno sempre uno spazio dove aggiungere il tip. Anche nei locali col servizio al banco, una piccola mancia (uno o due dollari) e' solitamente attesa. Evito di dilungarmi in una dissertazione su quanto mi sembri assurdo un sistema del genere. Per una vivace discussione a proposito, si vedano i commenti relativi a questo articolo, dove tra l'altro si scopre che lo stipendio base di un cameriere negli USA varia tra i 2 e i 4 dollari l'ora. L'effetto principale sul consumatore e' comunque quello di rendere ulteriormente piu' opaco il prezzo finale che si va a pagare, in quanto va anche considerato che il prezzo segnato sui menu (e in tutti i negozi, in genere) e' sempre al netto delle tasse (un po' come se da noi i prezzi esposti fossero tutti IVA esclusa). Quindi, quando vedete il Country Brisket Plate a 5.99, ricordatevi di aggiungere mentalmente le tasse e la mancia, e vi accorgerete che in realta' vi costera' circa 8 dollari.
L'altra faccia della medaglia e' che le porzioni sono sempre piu' che abbondanti, sia per gli appetizers o starters (antipasti) che per le entree (portate principali), spesso associate a uno o piu' contorni a scelta. E' comune la possibilita' di farsi incartare gli avanzi in una "doggie bag" per portarli a casa. Per quanto vi sembri invitante un piatto, ricordate: le porzioni sono sempre abbondanti. Evitiamo di sprecare cibo e di ingozzarci inutilmente (queste, peraltro, due tipiche abitudini dei consumatori locali).
Il fatto che molte catene offrano piatti cosi' abbondanti a prezzi tutto sommato economici fa si' che la maggioranza della popolazione mangi spessissimo fuori casa o si rivolga ai take away. Personalmente vedo un chiarissimo nesso tra questo fatto e i preoccupanti tassi di obesita' negli Stati Uniti; poi ognuno faccia i propri conti. Oltre ad evitare le bevande gassate (mio personale consiglio), con un po' di accortezza e' comunque possibile evitare di eccedere coi cibi fritti, esaminando con accortezza i menu (evito di considerare seriamente le proposte "light" che ultimamente vanno di moda mentre secondo me sono solo una truffa) o rivolgendosi, dove possibile, a offerte gastronomiche "tipiche", come il cibo Messicano, le catene "southern" negli stati del Sud (come ad esempio il Cracker Barrel), o i ristoranti di pesce in New England, Florida, California, eccetera: non sara' mai come mangiare "tipico" qua da noi, ma almeno siamo un gradino sopra il fast food tipo Wendy's, Denny's, Taco Bell, Dunkin' Donuts e compagnia bella. In generale, comunque, i sapori sono molto piu' decisi che da noi, e spesso i dolci tendono a essere eccessivi. Il mio consiglio in generale per quando ci si trova a mangiare all'estero e' questo: ordinate qualcosa che non conoscete o che sapete essere un piatto tipico. In questo modo ci saranno piu' probabilita' di avere piacevoli sorprese. E' inutile ordinare le melanzane alla parmigiana in Nebraska e poi lamentarsi che non erano come quelle della mamma. Visto poi che qui stiamo parlando degli USA e non dell'Estremo Oriente, non c'e' rischio che vi vengano serviti insetti, cani, gatti, ratti, serpenti o altre robe strane, quindi, semplicemente: assaggiate.
Una nota a parte va fatta circa i ristoranti italiani, che solitamente sono interessanti solo perche' offrono la possibilita' di farsi due risate vedendo le assurdita' presenti in menu'. Sono sicuro che presto o tardi gli americani riusciranno a convincerci a mangiare le Fettuccine Alfredo o gli spaghetti col pollo, ma nel frattempo cerchiamo di mantenere ben distinte la cucina italiana e la cucina italiana per gli americani. Salvo lodevoli eccezioni, i ristoranti italiani in America offrono improbabili sughi alla bolognaise, mostruose porzioni di spaghetti con meatballs (che nella mia ignoranza di padano ho scoperto in America essere un piatto relativamente comune nel nostro Meridione), e un generale, disgustoso, abuso dell'aglio. Nel 99% dei casi, ovviamente, "cucina italiana" corrisponde in realta' a "una versione bastarda della cucina meridionale". E' possibile trovare buone pizzerie, soprattutto nelle grandi citta' (sono rinomate le pizze stile "New York" o "Chicago"); i forni a legna sono rari; spesso una buona pasta e' rovinata da ingredienti sballati, principalmente il sugo di pomodoro che tende spesso a ricordare piu' il ketchup che la passata.
Altra nota per il turista italiano piu' distratto e' naturalmente il caffe'. Se volete un caffe' come "da noi", provate a ordinare un espresso, se vedete all'orizzonte una macchina da caffe'. Altrimenti, non fate gli schizzinosi e ordinate una tazza di coffee (anche qui solitamente i refill sono gratis): e' chiaro che se uno lo confronta a un espresso, il gusto non e' per niente lo stesso. L'italiano in America, in partenza per l'America, o al ritorno dall'America si distingue nel 90% dei casi per le sue continue esclamazioni circa il fatto che gli americani "non sanno fare il caffe'" e "m'e' toccato bere quella roba annacquata" eccetera eccetera. Mettetevi invece in mente che il caffe' che si beve in America (e peraltro in tutti paesi anglosassoni, dell'Europa del Nord e in moltissime altre parti del mondo) e' una cosa diversa dal nostro espresso. Tanto quanto lo e' il caffe' alla napoletana o il caffe' turco. All'origine c'e' sempre il caffe', ma sono bevande diverse. Capito? Quindi basta lamentarsi. Se non sono gia' sul tavolo, zucchero e latte vanno richiesti espressamente. Evitare di chiedere cagate all'italiana tipo "cappuccino d'orzo al vetro macchiato tiepido": sarebbe come chiedere a un nostro barista di preparare l'anatra alla pechinese. Il discorso e' diverso, naturalmente, per gli Starbucks e le caffetterie piu' o meno simili, dove solitamente le scelte disponibili sono ben descritte su grandi lavagne appese sopra il bancone.
Un'altra cosa di cui tenere conto e' che gli americani hanno un concetto di pulizia, igiene e soprattutto "presentazione" un bel po' differente dal nostro. Le tovaglie sono rarissime, come anche i tovaglioli di tessuto. Solitamente le posate arrivano in bustine di carta "tipo mensa". I tavoli vengono puliti dopo ogni cliente con dosi industriali di spray detergenti e qualche energica passata di straccio, col frequente risultato di sensazione appiccicaticcia. Consiglio ai piu' schizzinosi di non prestare molta attenzione a cosa fa il ragazzotto addetto alla pulizia dei tavoli con l'unico straccio di cui solitamente e' dotato. Poi mi stupisce sempre vedere le incredibili trasformazioni di persone che qua in Italia si rifiutano di entrare in un ristorante perche' il padrone una volta ha accarezzato un cane e poi in vacanza vanno a mangiare in topaie con gli scarafaggi morti in giro e le macchie di umidita' sul soffitto solo perche' sono a New York e si sentono chissa' che. E' sempre molto istruttivo entrare in un albergo o ristorante americano e dare uno sguardo ai muri (storti), ai vetri (opachi), ai soffitti (sbilenchi) che vi sorprenderanno anche nei locali piu' insospettabili.
Tipico allestimento del tavolo di un ristorante di fascia medio-alta |
Ultima considerazione: gli orari. Per riassumerla in due parole, negli USA si mangia come da noi i pensionati. La gran parte degli uffici chiude alle 5 e spesso fa orario continuato, il che significa che verso quell'ora e' gia' possibile trovare gente a cena. Ho visto ristoranti annunciare sconti "early bird" a cena alle 16.30, o addirittura alle 16. Le 6 di pomeriggio sono un orario perfettamente accettabile per andare a cena, le 7 sono gia' considerate "serata", e dalle 8 in poi e' ufficialmente tardi. Cercare cena dopo le 9 puo' rivelarsi un'impresa molto difficile. Per noi turisti, fortunatamente tutto cio' funziona perfettamente bene in quanto solitamente il jet lag significa svegliarsi felicemente alle 5 di mattina per almeno una settimana. Le maggiori catene, comunque, offrono i loro piatti praticamente in continuazione, e come potrete immaginare negli USA nessuno vi fara' mai battute cretine se avrete voglia di cappuccino a mezzogiorno o di uova, bacon e pancakes alle tre di pomeriggio.
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