La questione meridionale

Ho letto recentemente un breve saggio sulla Questione Meridionale contenuto in uno dei tre inserti che il Manifesto dedicò l'anno scorso agli eventi che portarono all'Unità d'Italia. Siccome non mi ricordo di come l'ho scaricato, non riesco a trovarlo linkato sul sito, nemmeno a pagamento, ed è troppo lungo per incollarlo tutto qui di seguito, l'ho caricato qui (spero nessuno si offenda, altrimenti lo rimuovo) e ne riporto solo alcuni brani come "riassunto". Copio la presentazione dell'autore direttamente dal testo: "Marco Rossi-Doria è maestro elementare. Come «maestro di strada» a Napoli – ma ha insegnato anche negli Usa, a Parigi e Nairobi - ha attivato il progetto Chance, una scuola pubblica di seconda occasione. Ha fatto parte della delegazione italiana all’Onu sui diritti dell’infanzia e della commissione del Consiglio dell’Europa sui bambini non accompagnati. Ha scritto «Di mestiere faccio il maestro» ed è co-autore di «La scuola deve cambiare». Premio Unicef per l’infanzia nel 2000, medaglia d’oro della Repubblica per la scuola e la cultura."
La lettura mi è risultata molto utile e la consiglio a tutti quelli che vogliano un riassunto ben bilanciato e completo di questo che, insieme allo stato comatoso in cui versa la nostra democrazia rappresentativa, rappresenta il nodo principale del sottosviluppo culturale ed economico dell'Italia.

"Il Regno borbonico ebbe alcuni tratti di modernizzazione paragonabili agli stati del Nord d’Italia [...] Ebbe altri tratti, in parte dovuti alla configurazione geografica, che frenarono tale sviluppo e che posero le basi del dualismo Nord-Sud."

"I Mille suscitarono - tra i contadini, le plebi urbane, le parti innovative della borghesia meridionale – molte speranze e aspettative di nuovi diritti e ridistribuzione della ricchezza. Tuttavia l’impresa, fin dall’inizio, ebbe al suo interno una componente conservatrice".

"La «conquista regia» abolì il protezionismo immettendo subito il Sud nel mercato nazionale e smembrando il complesso industriale borbonico. La borghesia meridionale usò il cambiamento di scena per reiterare la sua propensione alla rendita, non investì nel rinnovamento industriale e agricolo del Sud e, con i risparmi o grazie agli indebitamenti favoriti dalla nuova politica del credito, comprò le terre pubbliche ed ecclesiastiche immesse sul mercato e i titoli del nuovo stato e quelli ferroviari."

"i ceti dominanti nel Nord guidarono tutto l’indirizzo del Regno, accelerarono l’ammodernamento dell’agricoltura (anche in risposta alla crisi agraria europea, 1880-1895), estesero la base industriale del Paese e lo sospinsero nei mercati continentali e, poi, anche verso le avventure coloniali. La borghesia meridionale e i parlamentari e i ministri che la rappresentarono guardarono sempre al proprio interesse contingente, avviando e mantenendo, a tal fine, la pratica - che andò sotto il nome di trasformismo - di sostenere ogni nuovo governo pur di conservare i consueti privilegi."

"Mentre l’ammodernamento del Nord vedeva, insieme alla crescita delle forze produttive, l’affacciarsi sulla scena del movimento di contadini e operai, il più importante esito sociale della perdurante crisi del Mezzogiorno fu, invece, la grande emigrazione transoceanica, che vide partire dal Sud - tra il 1885 e il 1914 - cinque milioni di persone."

"La risposta sociale alla grande catastrofe (delle due guerre mondiali) furono le occupazioni delle terre (1943 – 1948), il diffondersi dei nuovi partiti di massa (Dc, Pci, Psi) anche nel Sud e la ripresa massiccia dell’emigrazione che - dal 1943 alla fine degli anni ‘60 - vide partire dal Meridione altri cinque milioni di persone, dirette nell’Europa e nell’Italia del Nord".

"tale sviluppo (il boom economico) non ha saputo correggere gli squilibri tra aree di spopolamento e aree metropolitane, difendere il territorio da erosioni e inquinamenti, produrre un solido tessuto di medie imprese, evitare il concentrasi delle spese su opere pubbliche, edilizia, pubblico impiego e previdenza, impedire sprechi e clientele. Dagli anni Ottanta a oggi, la scena è di nuovo peggiorata. Vi è stata una costante de-industrializzazione non contrastata da investimenti innovativi pubblici e privati e da piani strategici di riqualificazione urbana come in altre aree europee e italiane."

"Negli ultimi quindici anni il peggioramento si è trasformato in un progressivo tracollo del Mezzogiorno"

"Così, i giovani del Sud - laureati o senza titolo, benestanti o socialmente esclusi -, posti di fronte a questi dati di fatto, stanno dando vita a un nuovo grande esodo dal Mezzogiorno."

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