Vedo segnalato su Twitter questo articolo: "Laureati, ma puliscono i cessi", il cui scopo è quello di santificare i laureati (tra l'altro sempre "Centodieci e lode e una ramazza in mano", mai "Fannulloni che hanno pascolato in facoltà dieci anni e han voglia di fare un tubo") che si adattano a fare lavori "umili", non all'altezza delle loro aspettative.
Ecco, io per questi laureati e questi "giornalisti" ho un messaggio forte e chiaro: SVEGLIA!!!
Non lo scopriamo mica oggi che l'Italia non è un paese per laureati. E' decenni che si parla del calo delle nascite, e tutti come niente a voler fare la maestra; si sa benissimo che professioni come avvocati, notai, commercialisti, farmacisti, sono delle caste ben poco propense ad accogliere i nuovi arrivati, eppure tutti a iscriversi a Giurisprudenza come se niente fosse. E via via con decine di esempi simili.
Cari laureati con la ramazza in mano: mi spiace tanto, ma l'errore è vostro; non dovevate proprio iscrivervi all'università.
Quando ci si iscrive all'università bisogna farlo con in mente un piano il più possibile chiaro e realistico: che senso ha studiare di archeologia per anni e poi, siccome non si trova uno scavo archeologico a distanza tale da poter tornare a pranzo dalla mamma ogni giorno, ridursi a fare il concorso per il posto in Comune e passare il resto della vita a dichiararsi insoddisfatti del proprio lavoro?
Che l'Italia sia un paese ingiusto, che non premia la cultura e la conoscenza, non ci piove. Però, ripeto, non lo scopriamo oggi. Chi si è iscritto all'università sbagliata cinque, dieci o venti anni fa, non ha che se stesso con cui lamentarsi.
A chi si iscrive oggi, non posso che dire: pensateci non due ma quattro volte. E mettete in preventivo 1) cinque anni da passare a farvi il mazzo e non a fare gli aperitivi al baretto di fronte e 2) una carriera all'estero. Se invece volete restare in Italia, cercate di costruirvi una professionalità qualunque il prima possibile, invece di voler diventare "dottore" a tutti i costi.
Tra trent'anni ci toccherà leggere gli articoli di Repubblica che dicono che i "centodieci e lode con la ramazza in mano" son lì che piangono perché hanno fatto una vita di sacrifici ma siccome hanno iniziato a versare i contributi a quarant'anni, la pensione se la sognano. Santi subito.
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