Perché non leggo i quotidiani italiani

La ragione è semplice: perché chi ci scrive non sa l’italiano. Perché, tralasciando la deprimente pochezza dei contenuti, la forma è incomprensibile: punteggiatura usata a casaccio, errori e strafalcioni in abbondanza, apostrofi, “d” eufoniche e virgolette usati a sproposito, orrendi inglesismi, incapacità di utilizzare il registro opportuno a seconda dell’argomento trattato, abuso di espressioni della lingua parlata, abuso del burocratese, abuso di semplificazioni e tormentoni, nessuna attenzione alla presenza di ripetizioni e ridicole assonanze, e in generale una prosa involuta e ostica alla lettura.
Per queste ragioni, mi rivolgo quasi esclusivamente ai mass media di lingua inglese.
Oggi, salendo sull’aereo, ho preso La Repubblica e Il Sole 24 Ore, che ovviamente mi hanno dato esempi di quanto sopra in abbondanza. Il primo articolo di Repubblica, a pagina 2, inizia così: “Alfa e Omega. L’inizio e la fine. Qui, sotto il Partenone, è nata.” Chi? chi è nata?? Ora non pretendo di trovare le 5 W (who, what, where, when, why) nel primo paragrafo dell’articolo (anzi, cioè, lo pretenderei da un giornalista serio, ma lasciamo perdere…), però almeno il soggetto della frase, quallo sì, lo voglio! La situazione si chiarisce leggermente continuando la penosa lettura: “Assieme al pensiero occidentale e al concetto stesso di democrazia” -non ci siamo ancora, ma si sta avvicinando- “E qui l’Europa” -ah! eccola finalmente!- “rischia adesso di celebrare il suo funerale.” E ci risiamo: il “suo” funerale? “suo” di chi? chi è morto? Ah, sempre l’Europa, ecco chi!
Allora io adesso spero che il signor Ettore Livini, inviato di Repubblica ad Atene, capiti per caso su questo post, così da potersi fare un esame di coscienza e di sintassi. Signor Livini, mi consenta: “L’Europa è nata qui, sotto il Partenone, assieme al pensiero occidentale e al concetto stesso di democrazia. E qui ora rischia di veder celebrato il proprio funerale.” Perché tra l’altro, se uno è morto, il suo funerale lo celebrano gli altri, non lui stesso.
Passato il nervoso per la rocambolesca prosa del Signor Livini, ho scorso velocemente il pesantissimo quotidiano fino alla pagina con L’Amaca di Michele Serra (un’oasi di contenuti e forma impeccabili) e poi ho chiuso il giornale.
Col Sole sono saltato velocemente alla penultima pagina, dove, guarda caso, si piange il tracollo delle vendite dei quotidiani e degli introiti pubblicitari, ovviamente senza minimamente domandarsi la ragione di tale fenomeno. L’occhio non ha potuto fare a meno di posarsi disgraziatamente su alcuni periodi a caso nelle prime pagine; prima pagina: punteggiatura a casaccio: “La Grecia torna a far paura ai mercati, con la sua incertezza politica”. Perché? perché questa virgola? Pagina tre, il titolo: “Atene crolla dell’12,8%”. Dell’uno? dell’undici? dell’uno-due-virgola-otto? Anche qui non pretendo (si fa per dire) che il secondo quotidiano italiano per tiratura assuma dei correttori di bozze per rivedere i contenuti degli articoli (per non parlare dei fact-checker!), ma prima di andare in stampa almeno un’occhiata ai titoli bisogna darla! Senza contare che un obbrobrio come “dell’12,8%” te lo segnala come errore qualsiasi word processor.

Quindi, cari i miei quotidiani italiani che piangete sul crollo delle vendite, potete sicuramente continuare a insistere con la strategia adottata finora, cioè di trattare temi irrilevanti (“cos’ha detto ieri Renzi”, “chi ha ammazzato il povero bimbo xyz”) con testi sgrammaticati e cercando di infarcire sempre più il giornale di pubblicità più o meno mascherate. Oppure -ma è una folle idea di uno come me che evidentemente non ne capisce niente- per ottenere risultati opposti a quelli ottenuti finora potreste tentare la strategia opposta: poca pubblicità e argomenti rilevanti scritti in maniera chiara da professionisti preparati.


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