Riassunto delle puntate precedenti: nel 2008 andiamo a votare con una legge elettorale firmata dal famoso statista Roberto Calderoli, esponente di spicco della Lega Nord Per L'Indipendenza Della Padania. Già il fatto che la legge elettorale venga scritta da uno che vuole la secessione di una non ben definita regione dal resto della nazione dovrebbe dirla lunga, ma per i più distratti ci pensa lo stesso estensore a definirla "una porcata". Ovviamente nessuno fa una piega. Vince Berlusconi; spariscono dal Parlamento i partiti di sinistra, dilapidando la fiducia di milioni di persone che sprezzanti del pericolo si erano intestardite per decenni a votare comunista. Il Berlusconi si affaccenda alquanto nel portare il paese alla bancarotta e al ridicolo internazionale, fino a quando viene rimosso dal Presidente della Repubblica Napolitano e sostituito con Mario Monti, per salvare la situazione e andare a elezioni appena possibile. Gli appelli per la modifica della legge-porcata si sprecano, ma ovviamente nessuno fa nulla. Si va a votare con la stessa legge nel 2013 e vince il sedicente centro-sinistra. Presidente del Consiglio è Enrico Letta. Berlusconi viene condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale. Continuano gli appelli per riformare la legge elettorale, ma nessuno fa nulla. All'inizio del 2014, varie parti della legge elettorale vengono dichiarate incostituzionali. A questo punto la decenza vorrebbe che le migliori menti del paese si riunissero, scrivessero una legge elettorale non dico buona ma almeno costituzionale, e si andasse a votare a spron battuto. Invece, il partito di maggioranza sfiducia il suo stesso Presidente del Consiglio e lo sostituisce con Matteo Renzi.
Il Renzi quindi decide di cambiare la legge elettorale. Decenza e onestà vorrebbero che, essendo il Parlamento stato eletto con una legge dichiarata incostituzionale, si cercassero le più larghe intese al fine di preparare un meccanismo elettorale giusto, ben fatto, e in grado di durare a lungo. Invece il Renzi fondamentalmente dice: la legge elettorale la decido io, e se non vi sta bene potete anche votarmi contro, e anzi già che ci siamo la approviamo anche col voto di fiducia, così ve la prendete voi la responsabilità di far cadere il governo e a) andare a votare di nuovo con la stessa legge-porcata, con esiti imprevedibili, oppure b) costringere nuovamente il Presidente della Repubblica a qualche ardita giravolta per far saltar fuori un governo decente, anche qui con esiti imprevedibili. Un ricatto. Ah, la legge elettorale la approviamo solo per la Camera, tanto poi il Senato lo aggiustiamo dopo con calma, pazienza se nel frattempo abbiamo una scarpa e una ciabatta. Si vota e la legge elettorale passa con una maggioranza risicata, aggiungendo la beffa al danno, visto che senza la legge-porcata appena pensionata tale maggioranza non sarebbe nemmeno esistita. Insomma, una presa in giro.
Ora, tralasciando il fatto che la nuova legge elettorale appare, nella migliore delle ipotesi, un coacervo inestricabile di sbarramenti, premi, liste e collegi disegnati per garantire, al prossimo giro, il risultato desiderato dal Governo in carica, rimane una vicenda che a me tutto pare meno che "democratica".
A questo riguardo, mi voglio appuntare un editoriale del Manifesto che a mio parere ben descrive la situazione. "Nel 2016 Renzi e la «grande stampa» daranno in pasto all’opinione pubblica un pretesto per andare al voto[...]. Il partito personale del premier andrà al ballottaggio e vincerà. [...] Renzi comanderà per un’intera legislatura, padrone incontrastato di un parlamento ridotto a un guscio vuoto. E riscriverà la Costituzione, anche per evitare che la Consulta cancelli [la] legge elettorale [...]. Gli storici di domani ricostruiranno agevolmente un incubo lineare. Un giovane spregiudicato uomo politico s’impadronisce prima del partito di maggioranza relativa, poi del governo. Nel giro di un anno e mezzo, protetto da un presidente di stretta osservanza atlantica, estorce a un parlamento delegittimato alcune leggi speciali, dette «riforme», che, da una parte, gli valgono l’appoggio incondizionato delle élites finanziarie, imprenditoriali e burocratiche; dall’altra, gli consegnano pieni poteri. In tutto questo, l’opinione pubblica è intossicata da una propaganda asfissiante che, dopo aver costruito il mito del nuovo uomo provvidenziale, ne avalla sistematicamente bufale e manovre populistiche. [...] Ma di questo sconcio non vale più la pena di parlare [...]. La sedicente sinistra del Pd ha compiuto, in pochi mesi, un’impresa che ha del portentoso. [...] ha estirpato ogni scoria critica dal partito sorto dalle ceneri del Pci-Pds-Ds. Così coronando l’espianto radicale della sinistra dal quadro della rappresentanza politica: un processo già prossimo al traguardo anche grazie alla sciagurata gestione, dal 1998 a questa parte, di un non trascurabile patrimonio di consensi da parte dei gruppi dirigenti di Rifondazione e dei Comunisti Italiani."
Commenti