Classici Padani

L'Atlante dei Classici Padani è una lettura terrificante. E non sto abusando dell'aggettivo. Un progetto serissimo mascherato da iniziativa goliardica (o viceversa, o nessuno dei due, o entrambi) ha dato vita a questo librone che esplora e mostra ciò che a più riprese viene definito come (ed è effettivamente difficile trovare termini più adatti) il disastro della pianura padana.
Si potrebbe definire l'Atlante una lettura illuminante, ma sarebbe impreciso, perché tutte le immagini mostrate nel libro sono già costantemente illuminate davanti ai nostri occhi: di giorno da un abbacinante sole che filtra attraverso un velo di alte nubi bianche, di notte da una distesa di lampioni perennemente accesi a rischiarare il vuoto. E' invece una lettura rivelatrice, perché svela questi oggetti alla nostra comprensione, obbligandoci a leggerne le impietose descrizioni.
Non si ride leggendo l'Atlante dei Classici Padani. Non si sogghigna nemmeno. E' una lettura tragica, costellata di esatte descrizioni del disagio, del disastro, del degrado che ci circondano.
La gran parte dei testi che accompagnano il repertorio fotografico geolocalizzato si "limita" a esaminare l'argomento trattato (le palme, i cartelloni pubblicitari, le rotonde, i capannoni, eccetera) con la precisione e la freddezza dell'anatomopatologo, svelando, appunto, tutta la loro sterile brutalità, sbattendoci in faccia la tassonomia dell'orrendo di cui continuiamo a circondarci, coniando, dove necessario, i nuovi termini necessari alla descrizione dell'incubo padano.
In alcuni rari casi, invece, alcune perversioni dell'Uomo della Piana devono essere esplicitate maggiormente, perché non sono esibite da un imprenditorino che orgogliosamente asfalta il proprio parcheggio ma sono state nascoste sotto uno strato di burocrazia e gestione del potere, che però vola via come un velo di polvere, basta soffiargli sopra: "La Macroregione Centrale, per dare coerenza urbanistica a future chiese, moschee o luoghi dedicati alla preghiera e alla religione in genere, ha di recente approvato una legge che prevede tra le altre cose, "la congruità architettonica e dimensionale con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo", un impianto di videosorveglianza che controlli gli ingressi e "uno spazio da destinare a parcheggio pubblico in misura non inferiore al 200 per cento della superficie lorda del pavimento dell'edificio da destinare a luogo di culto. [...]" Nella normativa, impugnata dal governo centrale perché ritenuta lesiva della libertà religiosa viste le forti limitazioni che prevede per i luoghi di culto, ci sono un paio di particolari rivelatori della psicologia del disastro. Uno di questi è la congruità architettonica: seguendo lo schema dei Classici Padani si dovrebbero prevedere oltre alla struttura almeno due rotonde, una palma, un traliccio, una serie di cartelloni pubblicitari di varie dimensioni, un centro commerciale sull'altro lato della strada, un capannone produttivo annesso alla chiesa o moschea per garantire la continuità del fatturato, una fontanella in cemento, una facciata di colore giallo malattia e un'altra sulle tonalità del rosa sedazione, una piscina vuota adagiata sul prato antistante, una statua neoclassica, un animale pietrificato a scelta, un compro oro affiancato da un centro massaggi, un locale per il pranzo di lavoro con pizza, bistecca e sushi, una bretella autostradale possibilmente sopraelevata, una cava di prestito da adibire nell'immediato a discarica di rifiuti speciali, una Torre Eiffel in scala 1:500 ed eventualmente un cantiere aperto da almeno cinque anni con proroghe continue alla scadenza dei lavori, attraverso cui dare vita a un nuovo insediamento residenziale con spazi da adibire a negozi e/o uffici."

Ecco, questi siamo noi. Ci guardiamo in faccia ogni volta che usciamo di casa, e ora possiamo specchiarci anche accomodati nella tranquillità delle nostre poltrone sfogliando l'Atlante dei Classici Padani, una lettura necessaria.

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