A world of assassination

Qualche giorno fa passavo davanti a un negozio di videogiochi e ho visto questa pubblicità qua. 

Trent'anni fa c'era chi si lamentava del fatto che i videogiochi (e i film, e i cartoni animati) fossero troppo violenti e quindi diseducativi e implicitamente suggeriva che Rambo e Van Damme e poi Doom e Duke Nukem 3D avrebbero allevato una generazione di ragazzini iperviolenti. Ovviamente, erano tutte chiacchiere senza senso, perché era chiarissimo a tutti quelli che guardavano Rambo o giocavano a Mortal Kombat che quelli erano solo giochi, era finzione. Era tutto talmente irrealistico e teatrale che non poteva essere preso sul serio e tantomeno scatenare istinti violenti nello spettatore.
Oggi la situazione è cambiata. I videogiochi e gli effetti speciali dei film sono estremamente realistici. Ma ciò che a mio parere è diventato pericoloso è l'assuefazione alla fredda violenza che pervade i nostri intrattenimenti. Puoi essere un cecchino, e sparare a chi passa per strada. Puoi essere un agente della CIA e spezzare il collo a venti o trenta agenti nemici senza che il regista si soffermi un attimo sulla sorte del malcapitato di turno. Puoi essere violento verbalmente o fisicamente nella vita reale e apparentemente subire solo raramente le conseguenze delle tue azioni. Puoi rimettere in circolo la realtà vera all'interno della realtà virtuale filmando molestie, stupri o decapitazioni e caricandoli su youtube, così che il circolo è completo.

E poi basta aprire il giornale per essere catapultati in un mondo apparentemente minacciato dal terrorismo globale, e sicuramente bersagliato dal terrorismo mediatico.

E allora io vorrei chiedere a quelli che hanno fatto il videogioco "Hitman" non tanto come mai gli è venuto in mente di fare un videogioco iperrealistico su un sicario, ma invece cosa gli passava per la testa quando hanno deciso di pubblicizzarlo con lo slogan "ENTER A WORLD OF ASSASSINATION".
No, grazie. Preferirei non entrarci, nel mondo di assassinio.

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