"Dal momento che si diventa sempre più brutti e ripugnanti in quel gioco quando si invecchia, non si riesce nemmeno più a dissimularla la propria pena, il fallimento, si finisce per avere la faccia piena di quella brutta smorfia che impiega venti, trent'anni e più a risalire finalmente dal ventre alla faccia."
..."ma io cominciavo però, d'alta parte, a chiedermi se ce n'era da qualche parte, qualcuno di veramente vigliacco... Si direbbe che si può sempre trovare per chiunque una sorta di cosa per la quale lui è pronto a morire e subito e anche contento. Solo che non si presenta mica sempre l'occasione di una bella morte, l'occasione che ti farebbe piacere. Allora si va a morire come si può, da qualche parte... Resta lì sulla terra l'uomo con l'aria di un coglione per di più e di un vigliacco universale, solo niente convinto, ecco tutto."
"Non ne veniva fuori niente. La loro impotenza speculativa le obbligava a odiare senza alcuna chiarezza. Scoppiavano d'illogicità, vanità e ignoranza le signorine del negozio, e si stranivano soffiandosi mille ingiurie. Restavo malgrado tutto affascinato dal loro sconforto meschino."
"La gran fatica dell'esistenza non è forse insomma nient'altro che questo gran darsi da fare per restare ragionevoli venti, quarant'anni, o più, per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioé immondi, atroci, assurdi. L'incubo di dover sempre presentare come un piccolo ideale universale, un superuomo da mane a sera, il sottouomo zoppicante che ci hanno dato".
"Che vada matto per te una sola sera e non ti lascerà ma più quel figlio di padroni..."
https://ilmanifesto.it/la-linea-morale-del-signor-g/
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