La voce del padrone, Stanislav Lem

 "Un settore a sé è rappresentato dai libri che, anziché i fatti, espongono le varie interpretazioni del Progetto ... Tali letture mi hanno sempre irritato e annoiato. Chissà come mai quelli che avevano più cose da dire sul Progetto erano coloro che non avevano avuto direttamente a che farci. 

Siamo sempre al solito discorso della differenza ... tra i fisici e i colti lettori di opere divulgative. Questi ultimi ritengono di sapere qualcosa su problemi di cui gli specialisti non si azzardano neanche a parlare. L'informazione di seconda mano dà sempre un'impressione di ordine e di armonia, al contrario di quella, lacunosa e oscura, di cui dispone lo scienziato. Di solito il procedimento degli autori di questi commenti di tipo intepretativo del Progetto consiste nell'adattare a se stessi i dati raccolti, ridimensionandoli sulle proprie convinzioni e cestinando senza complimenti tutto ciò che non rientra in quelle misure."

"... mi trovavo in uno stato di esaurimento mentale mai provato prima d'allora. Il potenziale creativo dell'uomo, la sua capacità di impostare problemi si modificano secondo corsi e ricorsi di cui egli stesso si rende conto a fatica. Personalmente, ho preso l'abitudine di sottopormi a una specie di test, che consiste nel rileggere, quelli, tra i miei lavori, che ritengo i migliori. Se vi scopro passi falsi o lacune, se mi accorgo che la cosa poteva essere fatta meglio, il risultato del test è positivo. Se invece, nel farlo, provo un senso di ammirazione, significa che le cose vanno male."

"L'arsenale di mezzi concettuali offerti dall'epoca mi sembrava, a tratti, spaventosamente povero. Il nostro sapere aveva assunto proporzioni gigantesche solo in rapporto all'uomo, non al mondo. Tra l'espansione, in un'esplosione cumulativa, degli strumenti tecnologici di punta e la biologia dell'uomo si apriva sotto i nostri occhi un crescente e inesorabile iato che divideva l'umanità in due fronti: da una parte, i raccoglitori di informazioni con i loro rinforzi; dall'altra, le fertili masse provviste d'equilibrio grazie al fatto che i loro cervelli venivano imbottiti di una pappa informativa non meno prefabbricata di quella destinata all'alimentazione. Cominciava la grande proliferazione, dal momento che, senza che nessuno sapesse esattamente quando, era stata oltrepassata la soglia oltre la quale le riserve di sapere accumulato non potevano più venire assimilate dalla mente di un singolo individuo."

Mi affascinano sempre i testi scritti alle soglie della nostra grande rivoluzione tecnologica.

"Non tanto arricchire quel sapere, quanto annullare i suoi immensi depositi ovunque si erano accumulate informazioni secondarie e, quindi, inutili: ecco qual era, a mio avviso, il primo dovere della nuova scienza. Le tecniche d'informazione avevano creato la situazione paradisiaca in cui, in apparenza, chiunque lo volesse poteva conoscere tutto; ma si trattava di una pura finzione. La scelta, sinonimo di runincia, era inevitabile come l'atto di respirare.

Se l'umanità non fosse costantemente incalzata, eccitata e infiammata dal reciproco divorarsi dei nazionalismi locali, dai conflitti (spesso solo apparenti) di interessi, dalla sovrabbondanza accumulata in certi punti del globo mentre in altri regna la povertà (eppure le nostre capacità tecniche sarebbero ormai - almeno teoricamente - in grado di risolvere queste contraddizioni), forse capirebbe quanto questi piccoli sanguinosi fuochi d'artificio manovrati a distanza dal capitale nucleare delle Superpotenze le impediscano di vedere ciò che nel frattempo accade "per conto proprio", cioè che resta abbandonato senza controllo a se stesso. Come nei secoli passati, la politica ha considerato il globo, ivi compreso lo spazio sublunare, come una scacchiera per le proprie contese, senza accorgersi che intanto la scacchiera subdolamente si modificava cessando di rappresentare una base e uno stabile punto d'appoggio, e diventando invece una zattera trascinata dal gioco di correnti invisibili che la guidavano in una direzione verso la quale nessuno volgeva lo sguardo."

"In quanto civiltà, eravamo caduti in una trappola tecnologica e a decidere le nostre sorti sarebbe stato il modo in cui erano organizzati certi legami, a noi ignoti, tra i livelli di energia e di materia. Quando dicevo cose del genere, di solito venivo trattato da disfattista, soprattutto nelle cerchie degli scienziati che avevano affittato la loro coscienza al Dipartimento di Stato. L'umanità, che non aveva cessato di prendersi per la gola e per i capelli da quando aveva sostituito i cammelli e i muli con le bighe, i carri e le carrozze e poi giù giù, con le automobili, le macchine a vapore e i carria armati, poteva sperare di sopravvivere solo a patto di spezzare le catene di quella gara. ... La strategia era rimasta la stessa, nel senso che si era continuato ad anteporre i giorni ai mesi e gli anni ai secoli, mentre si sarebbe dovuto fare il contrario: sventolare bandiere con slogan inneggianti al principio della salvezza della specie e imbrigliare il volo tecnologico perché non si trasformasse in caduta."

Commenti