Neandertal, Rebecca Wragg Sykes

Volevo leggere questo libro da molto tempo, ma non sono riuscito a trovare in prestito la versione originale ("Kindred") e quindi infine l'ho letto tramite il servizio digitale di MLOL.

Tra parentesi, il servizio di prestito bibliotecario digitale, che ho iniziato a utilizzare durante i primi lockdown covid, è ancora lontano dall'essere lo "spotify della letteratura" che un tecnologo come me si potrebbe aspettare nel 2022: l'interfaccia di selezione e download dei libri è graficamente demodé e in generale meno che user friendly, e inoltre si aggiungono una serie di limitazioni sul numero di download mensili/annuali poco comprensibili e un altrettanto discutibile limite della durata del prestito a sole due settimane, contro il mese (rinnovabile) consueto per le copie cartacee. A questo si aggiunge un software di lettura purtroppo ancora primitivo. Chiusa parentesi.

L'autrice ci presenta questi nostri antichi fratelli scomparsi spiegandoci che la loro fama di bruti ignoranti deriva -guarda un po' l'ironia- dall'ignoranza e dal razzismo degli archeologi (sedicenti sapiens) che trovarono e studiarono le prime ossa nella valle del Neander tra la fine dell'800 e l'inizio del '900.

Rimane l'affascinante mistero dell'improvvisa scomparsa di ogni traccia di questi esseri umani, che dopo aver percorso migliaia di chilometri in lungoa e in largo per l'Eurasia incontrarono un'altra specie proveniente dall'Africa, che poi saremmo noi, con la quale si incrociarono più volte, lasciandoci in eredità una manciata di geni che forse ogni tanto fanno capolino in un nostro gesto, uno sguardo, un suono.

Tra i passi più affascinanti di questo libro c'è anche l'epilogo, che mi copio qui quasi per intero, come sputato fuori da google translate:

"Portati all'interno dei nostri corpi, oggi i Neanderthal affrontano un'altra crisi. La Terra, dove esistiamo in un'atmosfera spaventosamente sottile come il miele spalmato su una mela, ha a lungo patito contro il carico crescente che le poniamo sopra. Il nostro fascino per le proprietà materiali si è metastatizzato nel tumore della creazione e del consumo, mentre le nostre dita intelligenti modellano sempre più cose dalla pietra, dal ferro, dalla plastica.

Da quando l'attuale era interglaciale è iniziata circa 12.000 anni fa, ci siamo in gran parte crogiolati nei climi gentili di un mondo in cui le calotte glaciali sono dormienti. Senza la Rivoluzione Industriale probabilmente ci sarebbero state alcune migliaia di anni d'oro in più prima che la colonnina di mercurio iniziasse a precipitare verso il basso. Invece, il massiccio rilascio di CO2 - che supera qualsiasi cosa dall'intero Pleistocene e oltre - ha ritardato indefinitamente la prossima era glaciale. Quello che sta accadendo non ha precedenti. Nel corso del prossimo millennio - circa 30 generazioni - ci stiamo dirigendo verso un mondo più caldo e più pericoloso di qualsiasi a cui gli ominidi siano precedentemente sopravvissuti. L'Eemiano 120.000 anni fa era in media solo uno o due gradi più caldo di oggi, ma insieme agli ippopotami nel Tamigi, i livelli del mare erano da 5 a 7 m più alti. Le coste dove ora sorgono pittoreschi cottage e brulicanti città furono sommerse. E questo con livelli di CO2 molto più bassi di quelli che abbiamo già raggiunto.

In assenza di azioni immediate e drastiche, i modelli climatici più aggiornati ci mettono sulla buona strada per un futuro terrificante. Le calotte polari corrono il vero rischio di scomparire e, in tal caso, gli oceani aumenterebbero di 20 m  o più. Nell'ultimo anno la Grande Barriera Corallina si è inaridita, l'Artico, l'Amazzonia e l'Australia sono stati tutti in fiamme e i record di calore si sono infranti come onde, uno dopo l'altro.

Sopra l'antica superstrada della steppa eurasiatica dove un tempo camminavano i Neanderthal, i cadaveri del Pleistocene si sciolgono da vaste torbiere di ghiaccio - piedi di mammut, teste di lupo, interi leoni delle caverne- come alcuni orribili battistrada del destino. Il Grande Disgelo potrebbe anche essere il modo in cui incontriamo i Neanderthal per un terzo incontro: da qualche parte, ancora ghiacciato da fanghi e permafrost vecchi di 50.000 anni, un corpo giace sicuramente.

Potremmo consolarci con la consapevolezza che i Neanderthal sono sopravvissuti a simili estremi del cambiamento climatico. Mentre i ghiacciai scomparivano, la terra stessa deve essere sembrata disintegrarsi, mentre il vecchio permafrost ribolliva in paludi punteggiate di laghi che correvano da orizzonte a orizzonte. Colline apparivano e scomparivano come giganteschi funghi stagionali, foreste vacillavano e annegavano, si aprivano vasti crateri. Intere montagne si sono liquefatte come gelati quando il suolo, le piante e tutto è scivolato via, depredando gli ecosistemi locali e i fiumi un tempo cristallini - l'infrastruttura della vita - si sono riempiti di sedimenti mentre la terra veniva rimossa. Tutto questo, e resistettero.

Ma un'Eurasia con forse poche centinaia di migliaia di anime è molto diversa dai brulicanti milioni di oggi. I Neanderthal potevano muoversi per cercare di sfuggire ai momenti difficili. Noi non abbiamo una guida per la destinazione che deve affrontare la nostra civiltà tentacolare, industrializzata e inimmaginabilmente complicata. Ciò che è stato sorprendentemente dimostrato da COVID-19 è che, anche con il buffering tecnologico, siamo su una strada verso l'incertezza e l'instabilità sempre maggiore.

Questo futuro di sole cocente, città soffocanti, inondazioni, tempeste e forse altre pandemie è come un bisonte che tuona verso di noi. Se non ci muoviamo in fretta, incornerà i figli dei nostri figli. E il sangue che verseranno sarà quello degli ultimi Neanderthal."


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