Pensiero di genere

E' complicato spiegare come, noi homo sapiens, siamo tutti diversi ma uguali. E' chiaro che le donne sono diverse dagli uomini, e potremmo persino pensare che macroscopicamente, riguardo certe cose, in una certa società, la maggior parte delle donne la penserà o si comporterà in modo diverso dalla maggior parte degli uomini. E lo stesso vale per le etnie, le nazionalità, eccetera. Il problema complicato, appunto, è spiegare che non tutte le donne la pensano allo stesso modo e in modo diverso da tutti gli uomini. E che non tutti i neri si comportano allo stesso modo e in modo diverso da tutti i bianchi. Insomma, queste cose complicate le spiega bene Marco Aime su Nigrizia, negli ultimi due paragrafi di questo corsivo.

"questo atteggiamento sottende una sorta di discriminazione positiva basata sul genere, come se esistesse un 'pensiero femminile" condiviso da tutte le donne. [...] Supporre che esista un pensiero di genere, si configura in modo simile alle concezioni razziali.

Da un altro lato, allargando lo sguardo, questo atteggiamento rivela un progressivo prevalere del presunto "naturale" sul culturale. Essere donna o uomo non è una scelta. Pur aderendo all'idea, sempre più diffusa, della fluidità di genere, rimane il fatto che qualunque genere si voglia adottare - compreso il non-genere - questo non presuppone un pensiero comune e condiviso. Ipotizzare che esista un pensiero, per quanto fluido, legato a un genere, anche temporaneo, significa "naturalizzare" quel genere, attribuendogli la capacità di condizionare il pensiero, nello stesso modo in cui si pensa che una presunta "razza" possa determinare una cultura'

Questo ritorno al "naturale" è peraltro già apparso evidente in molte istanze localistiche, oggi sovraniste, in cui si fa appello alle "radici", riducendo l'individuo a metafora arborea, condannata dalla natura del terreno in cui è nato a essere quello che è."

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