Enrico Deaglio, C'era una volta in Italia - Gli anni settanta

Si termina la lettura dei due tomi di Deaglio un po' sconsolati, perché la morale è che non abbiamo ripulito l'Italia dai fascisti e questi hanno passato il dopoguerra a piazzare bombe, progettare colpi di stato, accordarsi con la mafia e mantenere il controllo dei soldi che contano, fino a quando -ma questo lo sappiamo perché l'abbiamo vissuto in diretta, non perché ce l'ha detto Deaglio- sono riusciti a tornare stabilmente al potere.

Si rimane sconsolati perché tutto quello che va storto oggi nel mondo c'era chi ce l'aveva già descritto e ci aveva avvisati e aveva anche provato a combatterlo, dalla catastrofe ambientale, alle ingiustizie del capitalismo, alle porcherie che i nostri rispettabili alleati d'oltreatlantico facevano dietro le quinte. E quel tentativo di "cambiare il mondo" è andato a finire a schifio un po' perché ci si è accontentati del benessere acquisito grazie al "miracolo economico" e un po' perché qualcuno ha pensato di fare la rivoluzione in Italia con revolver e mitragliette ma senza il popolo. A fine decennio, Aldo Moro (la sua camicia insanguinata in copertina) è stato la vittima sacrificale che serviva per chiudere quel capitolo e iniziare la grande normalizzazione che è seguita.


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